L’avvocato Alessandra Verzotto a processo per una truffa da 200 mila euro
CAMPOSAMPIERO. Un’amicizia quarantennale distrutta da un investimento che si è risolto in fuffa. Un investimento che avrebbe dovuto fruttare almeno sette volte il capitale (un milione e 400 mila euro a fronte di 200 mila euro versati), formalmente garantito da un sedicente quadro di Picasso (mai visto dalla vittima) custodito in un misterioso caveau di difficile accesso a causa della stratosferica cifra con il quale sarebbe stato assicurato.
Ma nulla è andato per il verso giusto. Anzi, forse quei rendimenti non esistevano proprio. Così come non c’era quel Picasso “Femme en nue” spacciato per un’opera valutata tra i 100 mila e 160 mila euro, con un titolo che richiama alcuni quadri di cui il grande artista ha prodotto diverse versioni. Insomma un bidone autentico – almeno secondo la procura – che non solo ha rotto per sempre un legame iniziato ai tempi dell’università.
Ma ha catapultato a processo l’avvocato Alessandra Verzotto, 62 anni residente a Camposampiero dove è titolare di uno studio legale: è accusata di truffa con l’aggravante di aver provocato un danno rilevante all’amica conosciuta sui banchi della facoltà di Giurisprudenza e funzionaria della Regione Veneto.
«Mi legava ad Alessandra una grandissima amicizia dal primo anno dell’università... Avevo grande fiducia in lei e in suo marito Tiziano Dotto. E nella loro onestà.... Ci frequentavamo a cena, in vacanza. E di questi affari ne abbiamo sempre parlato insieme: mio marito ed io e loro due. Qualche volta nell’ufficio di Tiziano anche con il fratello Stefano Dotto» ha ricordato in aula la vittima, costituita parte civile con il penalista Pietro Someda.
Secondo l’accusa contestata dal pm Marco Brusegan, titolare dell’inchiesta, il legale avrebbe prospettato all’amica un contratto di joint-venture con l’impresa Greenwise s.a di marito e cognato. Obiettivo? Consentire alla società di diritto elvetico di emettere strumenti finanziari per attivare linee di credito destinate a sostenere un progetto nel ramo alimentare affidato all’impresa Fructa&co. Nessun rischio e guadagni altissimi. La garanzia? Quel Picasso di cui si professava proprietario Stefano Dotto con un socio di Greenwise. Un “Picasso” già quotato dalla casa d’asta Christie’s e in attesa dell’expertise da parte della figlia del pittore spagnolo e della sua Fondazione. Senza menzionare – tra le carte consegnate alla futura investitrice – le valutazioni di Enrique Mallén, considerato uno dei più grandi esperti dell'opera di Picasso. «Avevamo raccomandato Tiziano e Alessandra: se c’è qualche avvisaglia... avvertiteci. Poi abbiamo firmato il contratto» ha continuato la vittima, «Andai nella mia filiale in piazza Insurrezione e feci un bonifico alla banca slovena di Greenwise, la Hypo Alpe Adria Bank: 100 mila euro dei miei risparmi e 100 mila che mi prestò mio marito».
È il febbraio 2014: quei soldi la signora non li ha più visti. «Prima del contratto, ci mostrarono i documenti: l’expertise della figlia di Picasso, la valutazione di Mallén, la foto dell’opera nel caveau.... A giugno non arrivava il rendimento. Mi dissero di aver pazienza, spiegando che la fondazione Picasso faceva storie. Nel 2015 scoprimmo in internet che era in corso la procedura fallimentare per Greenwise... Nessuna parola di scuse da parte di Alessandra: mi disse solo che il cognato era sfortunato». Il processo continuerà il 24 maggio.
Tiziano Dotto, 60 anni, e Stefano Dotto, 65enne trevigiano di San Biagio, sono finiti a processo per truffa a Treviso, accusati di aver indotto una quindicina di risparmiatori a investire i propri soldi nei prodotti finanziari legati a Greenwise per un milione di euro. Ma il giudice ha trasmesso per competenza gli atti nel tribunale di Padova.