Negli ultimi sei anni si è parlato così tanto (e spesso a sproposito) della salute del Maestro Franco Battiato,  che in alcuni momenti la sua musica era quasi andata in secondo piano. A un certo punto, abbiamo voluto riportare le cose al loro ordine. L'occasione la forniva il suo album del 2019 Torneremo ancora, accolto nel timore potesse essere l'ultimo. Allora titolammo Battiato e la sua musica che sta benissimo, con l'intenzione di celebrarne i picchi più luminosi riportando l'attenzione a parole e note, fuori dal chiacchiericcio e dalle speculazioni. 
Le canzoni con cui vogliamo celebrarlo oggi sono ancora quelle selezionate in quell'occasione, unite ad alcuni classici che abbiamo puntualmente raccontato, tra righe e spartiti, nel loro significato emotivo e umano più profondo:


Riduci le stelle in polvere e non invecchierai, ha cantato in uno dei suoi primissimi album (Sulle corde di Aries, 1973) e, senza dubbio, in tutti questi anni, di polvere di stelle ne ha sparsa parecchia. Concentrandoci sulle sue stelle, eccone alcune per noi luminosissime:

«L’era del cinghiale bianco»

È la canzone che dà il titolo al disco del 1979. Ma cosa rappresenta questo cinghiale bianco? «Secondo gli studiosi di esoterismo, nella tradizione celtica e in quella primitiva, il cinghiale bianco rappresentava il potere spirituale, mentre l’Orsa Maggiore raffigurava il potere temporale», ha spiegato Battiato, «Il cinghiale bianco, simbolo di un ciclo positivo in cui la conoscenza prescindeva dalla deduzione, venne spodestato per ribellione dal potere temporale, per cui, sempre secondo le teorie esoteriste, noi stiamo vivendo il Kali-yuga, che è il ciclo più basso dell’universo».

«Sentimiento Nuevo»

Siamo di fronte a un pezzo scritto al volo, per una pressante necessità: riempire la scaletta de La voce del padrone (1981). Lo ha ammesso lo stesso Battiato: «A volte capita di dover completare un lp. Hai scritto sei canzoni che ritieni riuscite e te ne manca una sola per arrivare alla conclusione. Allora non aspetti l’ispirazione, ti metti d’impegno e ne vieni a capo. L’avevo composta con una certa spensieratezza, ma anche con freschezza, era una cosettina leggera. Ma quando la cantavo, il pubblico rispondeva». Fossero tutti così i “riempitivi”...

«Shock in My Town»

«Non me la sento di ripetere una cosa che ho già fatto», aveva dichiarato quando è uscito il disco, «Deve ripetersi con tali cambiamenti che diventa un’altra cosa». E con l’album Gommalacca (1998) siamo sicuramente di fronte a una metamorfosi sonora consistente. Questo singolo è forse la canzone del disco che guarda più avanti: «È piena di alterazioni tecniche e tecnologiche e mi darà la possibilità in futuro di perpetrare questo vizio del nostro tempo. Potrei anche contraddirmi però e deludere le aspettative, perché la cosa che mi piace di più è sorprendere anche me stesso».

«Voglio vederti danzare»

È la canzone più amata de L'arca di Noè (1982) - si può dire anche l'unica "sopravvissuta" - e questo è l’episodio che l’ha ispirata: «In Occidente viviamo una vita in cui non c’è molta attrazione per un certo tipo di donna archetipica e sensuale. Fino a un certo punto almeno la pensavo così. Poi ebbi una folgorazione. Mi trovavo in Egitto con amici. Una sera siamo andati a vedere lo spettacolo delle cosiddette “zingare del deserto”. Sarà stato il modo che avevano di muovere le anche, o quella gestualità trascinante… Da allora sono diventato un ammiratore di quel genere di donna».

«L’animale»

«Può sembrare una canzone autobiografica, ma non lo è. Perché, onestamente, io sto abbastanza bene», ha detto Battiato nel 1985, quando il pezzo è uscito nell’album Mondi lontanissimi, «”L’animale che c’è in me non mi fa vivere felice mai” è come io vedo le persone schiave di certe passioni. Le descrivo usando la prima persona, ma io credo di essere in pace con me stesso. Forse no, forse sì, abbastanza.» Il brano è presente anche nell’ultimo disco, nella versione con la Royal Philarmonic Orchestra.

«Prospettiva Nevski»

Una canzone che è quasi un film ambientato in Russia. Fatta di strofe in cui, una dopo l’altra, si succedono, nitide, immagini, profumi e suggestioni. Fino all’esplosione finale: “E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”. «I maestri sono le tante persone che ho conosciuto nel corso della mia vita. Sono persone che, a una certa età, hanno avuto la forza di ricominciare. Una donna che a 75 anni si diploma in clavicembalo è un maestro. È difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire, però ci si può riuscire. L’alba è la gioventù, la capacità di cambiare, di evolvere, e l’imbrunire è la vecchiaia»

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