Morta in fabbrica a 22 anni, c'è la conferma: l'orditoio gemello senza la fotocellula di sicurezza
PRATO. Passerà ancora una settimana prima che cominci la perizia sull’orditoio della fabbrica di Oste dove il 3 maggio scorso è rimasta risucchiata e uccisa Luana D’Orazio, la ventiduenne di Agliana. Il tempo che occorrerà al perito Carlo Gini, ingegnere, per studiare i manuali del complesso macchinario prima di rimetterci le mani.
Nel frattempo emergono altri particolari sulla perizia dell’altro orditoio, quello molto simile al macchinario dove lavorava Luana. Si conferma, e i dubbi c’erano già ad un primo esame, che mancava la fotocellula di sicurezza mentre erano presenti solo gli alloggiamenti. Sono proprio questi sensori che bloccano il funzionamento del macchinario quando qualcuno si avvicina troppo.
All’inizio della prossima settimana torneranno, invece, all’orditura di Oste sia l’esperto nominato dalla procura che quelli incaricati dai difensori dei due indagati, la titolare della ditta Luana Coppini (difesa dagli avvocati Alberto Rocca e Barbara Mercuri) e l’addetto esterno alla manutenzione Mario Cusimano, difeso da Stefano Camerini. Nei giorni scorsi sono stati sentiti dal sostituto procuratore Vincenzo Nitti titolare dell’inchiesta i dipendenti della ditta, 18 in tutto, ma non ancora i due indagati.
Proprio il legale di Cusimano in questi giorni ha commentato la foto di una ragnatela scattata dai vigili fuoco il giorno dell’infortunio e diffusa da un quotidiano: «Non credo possa essere un tema dell’inchiesta, la trovo una questione avulsa dall’oggetto della vicenda», ha detto. L’avvocato si riferisce alla foto che ritrae una ragnatela sulla colonna laterale dove scorre la barriera di protezione del macchinario che ha causato la morte della giovane operaia. La foto, scattata dai vigili del fuoco subito dopo l’infortunio mortale, è agli atti della procura e potrebbe indicare che la saracinesca dell’orditoio, il dispositivo di sicurezza principale, fosse sollevata da molto tempo. --
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