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Май
2021

Gli effetti della crisi sulla natalità

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Se provate a chiedere ai vostri figli che cosa aspettino a farvi diventare nonni, è assai probabile che vi lancino uno sguardo sconsolato come per dire: «Perché, non lo sai?». E sì, certo che lo sappiamo. Talmente bene che in noi si sta facendo strada, tra le tante, un’altra assuefazione: al fatto che l’Italia abbia conquistato il record della denatalità. Quasi mondiale, se non fosse per Andorra e Corea del Sud.

I numeri sciorinati sabato a Roma agli Stati generali dedicati al tema - dinanzi a papa Francesco e al presidente del Consiglio Mario Draghi - sono da brividi. Fotografano un’Italia che anno dopo anno si decompone, s’assottiglia, va scomparendo.

Nel 2020, per dire, sono nati 404mila bambini, meno ancora che nel 2019 (erano stati 420mila), e la lunga parentesi del Covid porterà quella cifra ancora più giù. Mai così giù dal 1860, data di esordio dell’Italia unita. I decessi sono stati 647mila. A guardare poi il saldo degli ultimi cinque anni, si scopre che il Bel Paese conta circa 600mila abitanti in meno. Come se avessimo svuotato tutte insieme Bari, Padova e Cagliari.

Cambia il volto del Paese. L’Italia centrale si spopola perché qui le culle sono più vuote; il Nord regge, perché c’è più lavoro per gli immigrati, che sono gli unici a fare figli. Il nostro poi è sempre più un paese per vecchi: l’età media è di oltre 45 anni, dunque prevalgono le donne non più in età fertile, e questa è una delle principali cause della denatalità. Inoltre i giovani, specie i più preparati e acculturati, scappano all’estero a cercare fortuna: in dieci anni se ne sono andati in 250mila, soltanto l’anno scorso il 16 per cento in più del precedente. E cambiano gli equilibri nel mondo: il tasso di natalità è del 13 per mille negli Usa, del 9,5 in Europa, del 7 in Italia. Ma del 35-40 in tutti i paesi africani.

Lo stato delle cose, ormai gravissimo, lega insieme problemi economici, sociali, culturali, per risolvere i quali non bastano i pur indispensabili assegni e bonus. Perché una coppia decida di mettere su famiglia, ha detto Draghi, deve poter contare su tre certezze: un lavoro stabile, una casa, un adeguato sistema di welfare per l’infanzia. Ma su tutti questi fronti, ha aggiunto, siamo molto indietro. I giovani devono convivere infatti con lavori precari, stipendi bassi, incertezza sul futuro. In assenza di assistenza e sostegni adeguati, le donne rinunciano al lavoro o, più spesso, ad affrontare la maternità.

La lunga crisi economica e ora i quasi due anni di pandemia hanno aggravato quei ritardi e per i più giovani reso la precarietà, paradossalmente, un fattore stabile della loro esistenza. Come in un circolo vizioso, la crescita lenta non favorisce la natalità, il deserto che ne deriva frena a sua volta consumi e sviluppo. A sentire gli statistici, da qui al prossimo decennio saranno decine di milioni gli italiani non più in età di lavoro, con conseguenze facilmente immaginabili sulle spese previdenziale e sanitaria e sulle crescenti disuguaglianze tra precari e stabili, tra assistiti ed emarginati. Un paese senza figli non ha futuro. E quello che ha è nero assai. --

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