Gli ambientalisti del Chiese non arretrano di un passo «Lasciateci stare il fiume»
ALTO MANTOVANO. I mantovani che lottano per difendere i propri corsi d’acqua dall’ipotesi del depuratore di Lonato potrebbero trovare un alleato proprio dove non se l’aspetterebbero: nel Bresciano. Se nel Mantovano il dibattito sul tema si è acceso solo ora, diversa è la situazione sul Bresciano dove la difesa del fiume Chiese, il corso d’acqua che tocca anche tre comuni mantovani – Casalmoro, Asola e Acquanegra sul Chiese – è al centro di una lunga lotta che vede, da anni, impegnati vari enti riuniti nella “Federazione del tavolo delle Associazioni che amano il fiume Chiese ed il suo lago d’Idro”. Nome lungo, ma idee chiare ed espresse in modo diretto dal presidente Gianluca Bordiga: «Nasciamo per difendere il Chiese. Dal Trentino al Mantovano. Il nostro obiettivo è uno solo e sempre coerente: il Chiese non si tocca e men che meno con questa operazione del depuratore che nasce viziata già a monte».
Bordiga, sostenuto anche dai militanti mantovani presenti fra le 22 associazioni che compongono la Federazione, fra i quali Sergio Bottazzi di Asola, ricorda che «quando si è deciso che bisognava separare le due sponde, quella bresciana da quella veneta, sul fronte della depurazione delle acque, due erano le certezze: la prima, che Brescia voleva il suo depuratore e che avrebbe scaricato il tutto nel Chiese; la seconda che le condotte sublacuali erano ormai in pessime condizioni e prossime a cedere, con un conseguente disastro ambientale». Da questi due punti fissi, la vicenda ha preso il via passando per diverse strade che, però, come è stato ricordato, portano sempre nel Mantovano.
Tuttavia, con una grande differenza: in un caso, e cioè la soluzione che la federazione auspica, e per la quale ha prodotto uno studio di 13 pagine redatto dallo Studio Cappella di Gorizia, e cioè quella della revisione e ammodernamento dell’impianto attuale di Peschiera con la costruzione di una terza condotta sublacuale, l’acqua resterebbe nel Mincio, come accade ora. Nella seconda soluzione, quella cioè che vede coinvolto Lonato con la frazione di Esenta, l’acqua verrebbe scaricata nel Chiese e, dunque, si troverebbe a passare sui piedi dei mantovani nei tre suddetti comuni.
Non ci si scappa: il Mantovano, a fronte di questa decisione presa a monte (e cioè separare i due depuratori) viene comunque coinvolto. «In un caso, però – ricordano Bordiga e Bottazzi – si tratta di cambiare le portare di una soluzione che, da oltre 40 anni, è nota, e cioè lo scarico nel Mincio, recettore naturale delle acque del lago. Noi proponiamo, con il progetto Cappella, una soluzione che costa 63 milioni, non tocca il Chiese e i suoi comuni. Prevede una terza sublacuale, di 60 centimetri di diametro, il 50% in più delle due attuali che sono di 40 centimetri di diametro, da usare per le acque nere. In sei mesi sarebbe pronta. Poi l’ampliamento, dentro l’attuale impianto del depuratore di Peschiera, che passerebbe così da 335mila abitanti equivalenti a 492mila, e cioè quelli richiesti dal progetto».
Il vantaggio? Non si coinvolgerebbe il Chiese, si risparmiano parecchi milioni e, concludono Bordiga e Bottazzi, «si agisce subito sulla sublacuale, dato che era pronta a cedere, così ci hanno sempre detto».
La soluzione Esenta, oltre a coinvolgere il Chiese e dunque anche altri comuni mantovani oltre a quelli già coinvolti sul fronte Mincio, implica costi elevati e «almeno altri 4 o 5 anni di utilizzo della sublacuale, dato che sarebbe l’ultimo intervento da attuare, solo dopo aver sistemato tutto a valle». Senza dimenticare, come sostengono l’attivista Mirko Savi di Asola, la sindaca di Acquanegra sul Chiese, Monica De Peri, il sindaco di Casalmoro, Franco Perini, quello di Asola Giordano Busi, che il Chiese in estate è basso e secco e non sarebbe capace di diluire gli scarichi. «Il fondo poi è stato privato di molta ghiaia e questo ha fatto venir meno le risorgive, che davano acqua al fiume in estate» ricorda Savi, situazione ben descritta anche dall’ex sindaco di Acquafredda, Fulvio Rosa.
Oltre al fatto che, nel tratto fra Acquanegra e Asola, nonostante la chiusa, «l’acqua in estate è sporca e alta non più di 30/40 centimetri» ricorda Savi. «E qui ci arriva tutta la porcheria del fiume» ricorda la De Pieri. Senza scordare l’habitat particolare che, in questi anni, è andato a mutare per via dei pozzi privati, dell’agricoltura intensiva e delle industrie. La zona denominata Chiesenatico – da Casalmoro ai comuni bresciani – con l’acqua delle sorgive, che davano linfa al fiume, era e resta, in alcuni momenti, zona dove si poteva fare il bagno nel fiume, con acqua pulita.