Добавить новость
ru24.net
World News
Май
2021

Il Mantova e la conquista della serie A: dal Piccolo Brasile all’ultima perla nel segno di giocatori da leggenda

0

MANTOVA. Ce la raccontavano i padri e i nonni quasi come una leggenda. Parlavano di una squadra di ragazzi, molti dei quali di città, che nel giro di cinque anni ottennero quattro promozioni passando dai campi polverosi di provincia all'Olimpo della serie A.

L’anniversario

Sono passati 60 anni da quel 21 maggio 1961 ed in effetti per le ultime generazioni potrebbe sembrare una saga da romanzo calcistico. Invece accadde davvero che in quei meravigliosi anni '60 il Mantova mise per la prima volta i piedi nella massima divisione, dopo un percorso iniziato con pochi soldi e tante idee. L'esatto contrario di quanto poi accaduto troppe volte dopo. Tranne la parentesi di Fabrizio Lori, l'Acm ha troppo spesso navigato in categorie inferiori lasciando quell'epopea nella memoria dei non più giovani e nelle foto in bianco e nero ingiallite sui libri e sul web.

Un traguardo, quello della serie A, che sembrava un miracolo: invece poi quel Mantova dimostrò che oltre al cuore ed alla passione, c'era la competenza. In campo, in panchina e dietro la scrivania. Non è un caso che in quel gruppo c'erano elementi, oltre a Fabbri, come Giagnoni, Negri, Simoni, oltre ad Allodi e al presidente Nuvolari in sede. Tanto che la massima divisione diventò un'abitudine: quattro anni consecutivi, poi altri due con risultati entrati nella storia come l'1-0 all'Inter nel 1967. L'Acm ci stava bene nei piani alti e l'ascensore con la serie B veniva accettato senza grossi drammi. Anche l'ultima promozione, quella del 1970-71 con Giagnoni allenatore e Zenesini presidente, rientrava nella logica di un club che programmava: facendosi forte di alcune bandiere come Tomeazzi e Micheli, di elementi di categoria pronti a dare tutto come Blasig, Dell'Angelo e Toschi, non disdegnando di lanciare anche qualche giovane come Recchi e Sauro Petrini.

wmn1.jpg

La retrocessione del 1971-72 resta l'ultimo campionato di A dei biancorossi, che sembrava un incidente di percorso: tanto l'anno dopo si sarebbe comunque preparato una rosa competitiva per riprovare subito la scalata. Ma l'Acm, storicamente, è culla degli eccessi: in due anni fece il tragitto inverso e si impantanò in C, tra cattive gestioni e fallimenti, dalla quale mise fuori il naso solo per cinque anni di B tra il 2005 ed il 2010. Troppe volte in questi anni abbiamo guardato indietro: la speranza, ora, è riaprire un ciclo. Chissà.

Il ricordo di Longhi

Dieci anni consecutivi nella squadra della sua città, debuttando da ragazzino di 17 anni in serie C ed abbandonandola in serie A dopo 208 partite e 10 reti. Una breve parentesi al Cosenza in B, poi l'addio al calcio e l'inizio di una grande carriera da dirigente d'azienda dopo la laurea in Economia e Commercio. Renzo Longhi è uno degli emblemi di quella favola che fece sognare ad occhi aperti Mantova e la sua provincia. Quel campionato di serie B 1960/61 che scrisse la storia dell'Acm è ancora impresso nella mente del popolare "Tabar", così soprannominato per la sua posizione a cavallo tra difesa e centrocampo: «La certezza matematica arrivò a due giornate dalla fine (21 maggio 1961, 2-0 al Brescia) ma a livello personale una delle gioie più grandi fu il successo nel derby di Verona. Eravamo alla 32a giornata, con cinquemila tifosi al seguito: i gialloblù erano a rischio retrocessione, eravamo rimasti in 10 per un infortunio a Giagnoni. Vincemmo 1-0 con un rigore segnato da me e da lì prendemmo la spinta per un finale di stagione esaltante, con la prima promozione in A della storia».

wmn3.jpg

Quel traguardo fu il completamento di un ciclo straordinario con Edmondo Fabbri in panchina, proseguito poi nella massima divisione: «Raggiungemmo quei risultati senza averli programmati ma giocando ogni partita con una grinta e un'aggressività superiore alla media. Fu quella compattezza di gruppo e quella unità di intenti, trasmessaci da Fabbri, che fece la differenza». E per Longhi, mantovano di città approdato dal Sant'Egidio, toccare la serie A fu qualcosa di incredibile: «Ci meritammo tutta quella scalata, dalla Quarta serie di Eccellenza fino alla A - dice - e l'entusiasmo popolare crebbe a dismisura. Quella giornata della promozione c'era un'atmosfera quasi surreale: sembrava impossibile, eppure era assolutamente vero». Longhi rimase poi altre due stagioni in A e quando smise con il calcio si trasferì a lavorare a Milano, Ora vive a Monza e tre anni fa lo incontrammo sugli spalti di Sesto per una partita del Mantova di Morgia in serie D: «Il biancorosso non si dimentica mai - conclude "Tabar" - a maggior ragione la tua città natale. Ho sperato potesse tornare in A in quella finale contro il Torino del 2006: non dovrei dirlo, perché sono uno sportivo, è evidente che il Mantova fu penalizzato. Rivivere quelle straordinarie emozioni? Non è facile, anche se il mio vecchio cuore ci spera sempre».

Il ricordo di Toschi

Era tutto pronto, quella domenica 6 giugno di 50 anni fa per celebrare il ritorno del Mantova in serie A dopo quattro stagioni di B. Il calendario era stato amico, alla penultima giornata al Martelli arrivava la Massese, già retrocessa in C: bisognava vincere, perché nello spazio di pochi punti oltre ai biancorossi c'erano Bari, Atalanta e Catanzaro, e sarebbe stata festa. Dal Migliaretto era già pronto a decollare un aereo per far piovere sui tifosi il volantino con la scritta "Sportivi virgiliani, il Mantova è tornato in serie A!". Fu trionfo, alla fine, ma per nulla facile e scontato: «Eravamo un po' nervosi - dice Giovanni Toschi, bomber e beniamino di quella stagione - , ma già nel primo tempo sbloccammo la gara con De Cecco. Nella ripresa il loro portiere fece tre parate eccezionali su altrettanti miei tiri, fino a quando a nove minuti dalla fine scese il gelo: la Massese aveva pareggiato con un tiro deviato fortuitamente da Micheli. Fummo bravi a non perderci d'animo e dopo soli due minuti misi in mezzo un pallone per il compianto Sauro Petrini: tiro sporco, ma efficace che picchiò contro il paletto e finì in rete. E al 2-1 finale fu il tripudi9o, nonostante il meteo facesse le bizze».

wmn2.jpg

Pippo Toschi, ala sinistra veloce e pungente, giocò solo un anno in biancorosso realizzando 11 gol determinanti (senza rigori) ma porta ancora nel cuore Mantova e la sua gente: «Fu un'annata straordinaria - ricorda - , con un gruppo compatto di amici, condotta nei primi posti fin dall'inizio anche se c'erano squadre forti. Mi volle mister Giagnoni, perché l'anno prima segnai un gol decisivo al Mantova giocando nella Reggina e la squadra non fu promossa per un solo punto. Mi feci perdonare la stagione successiva e poi il Giagno mi portò anche al Torino in A. Quando fui ceduto, passando davanti agli spogliatoi del Martelli per l'ultima volta trovai appesi alla porta d'ingresso decine di bigliettini di tifosi che mi supplicavano di restare. Ancora oggi mi commuovo, il pubblico di Mantova è competente, si lega ai giocatori e ti trasmette tanta passione». Ora uno sguardo al futuro: «Ho ancora tanti amici lì da voi - chiude Toschi - : non sempre conta quanti anni giochi, ma l'intensità delle emozioni. Spero con tutto il cuore che presto possa tornare almeno in B, è una piazza che merita certi palcoscenici»




Moscow.media
Частные объявления сегодня





Rss.plus




Спорт в России и мире

Новости спорта


Новости тенниса
ATP

Медведев победил Вавринку и вышел во второй круг турнира ATP в Роттердаме






Более 500 заявок подано для участия в Фестивале документального кино «Неизвестная Россия»

Артисты Московского Современного Художественного Театра провели гастрольный тур

Тишковец: атмосферное давление в Москве может достигнуть 774 мм ртутного столба

Из Омска в Ереван могут запустить прямой самолёт