Mare inquinato lungo il canale di Rava: macchie oleose minacciano l’Isola Lunga
ZARA Va sempre peggio. È dall'anno scorso che le acque del canale di Rava, tra l'omonima isola e l'Isola Lunga, nell'arcipelago di Zara, presentano periodicamente chiazze oleose, maleodoranti, di un colore impresentabile, tra il verde e il marrone, con la visibilità delle acque marine che non supera i 5 metri.
Ma la situazione è precipitata negli ultimi giorni, con la superficie marina fortemente inquinata e che vede gli isolani scuotere la testa, convinti che attività come turismo e pesca subiranno (e subiscono) botte tremende, da cui sarà difficile, forse impossibile riprendersi.
Secondo gli abitanti di Rava (superficie di 3,63 kmq e 117 abitanti, censimento 2011) il responsabile è uno solo: la zaratina Cromaris, azienda leader in Croazia nella produzione e lavorazione di pesci mediterranei, principalmente orate e branzini, ma anche dentici e ricciole. «La presenza delle gabbie dell’allevamento – è quanto riferito dai responsabili della comunità locale di Rava – è indubbiamente la fonte d’inquinamento delle acque, un tempo cristalline, del canale compreso tra Rava e l’Isola Lunga. Siamo riusciti a contare fino a 50 gabbie, qualcosa di esagerato, non sostenibile in una striscia di mare stretta, messa ora sotto pressione dall’attività di Cromaris, deleteria per fauna e flora marine in quest’area».
Per gli isolani, il degrado ha colpito specialmente le insenature di Grbacina, Grbavac e Marnjica, dove in alcune zone sono completamente scomparsi i ricci di mare, segno inequivocabile dell’inquinamento. Nella misura del 70 per cento sono sparite le spugne, come anche diverse alghe autoctone, mentre è invece proliferata un’alga mai vista prima su questi fondali, la stessa presente nelle immediate vicinanze di Zara, dove il mare non è proprio sano al 100 per cento.
A lamentarsi sono pure i pescatori di Rava, i quali parlano di reti “grasse”, appesantite da una sostanza spessa e oleosa. Sostengono che l’unica nota positiva è la fuga, qua e là, dei pesci d’allevamento, orate in primo luogo, che diventano libere quando gli impianti vengono spezzati dalle sciroccate.
«La scorsa estate – ha dichiarato ai media locali un isolano che ha voluto restare anonimo – la gente usciva dal mare con una strana e viscida patina addosso, qualcosa di appiccicoso che ti faceva passare la voglia di tornare in acqua. Temo che sarà così anche questa estate. Purtroppo i nostri appelli alla Cromaris non hanno colto nel segno».
In effetti il gigante croato dell’acquacoltura ha neganto ogni coinvolgimento, diretto e indiretto e lo ha fatto per bocca del suo direttore generale Goran Markulin, rivoltosi ai mezzi d’informazione: «È nell’interesse di Cromaris, la cui produzione rispetta rigorosamente gli standard internazionali, avere impianti immersi in un mare pulito. Il nostro lavoro non è inquinante e lo attestano certificati e analisi scientifiche. Non abbiamo alcuna responsabilità per la situazione lungo il canale di Rava».
Interpellato dai giornalisti, Benito Pucar dell’Istituto zaratino per la Salute pubblica, ha sì confermato che è stato compiuto un monitoraggio su quanto avviene nel canale, aggiungendo che le conclusioni sono però coperte da segreto d’ufficio.
Dal competente ispettorato all’Ambiente è stato fatto sapere che lo scorso marzo è stato effettuato un controllo, che non ha fatto emergere nulla di negativo.