Clima sfavorevole, niente miele in Friuli
UDINE. Giovedì 20 maggio sarà la giornata mondiale delle api, ma in Friuli quest’anno, come un po’ in tutto il nord Italia, c’è ben poco da celebrare.
La primavera finora fredda e piovosa, con le gelate notturne ai primi di aprile, ha compromesso buona parte del lavoro dei preziosi insetti. Tanto che gli apicoltori - sono circa 1.200 in regione, ma le aziende più strutturate arrivano a una cinquantina - parlano di produzione azzerata. Una situazione che ha spinto le principali associazioni di categoria a chiedere un incontro in Regione.
«Venerdì a Udine parleremo con l’assessore all’Agricoltura Zannier - dicono Claudio Comaro, titolare di una delle più note e importanti aziende, con 150 anni di attività familiare alle spalle e Alessandro Manzano, presidente dell’Associazione per l’ape carnica che raggruppa un centinaio di addetti -, abbiamo bisogno di aiuti subito, altrimenti molti di noi alzeranno bandiera bianca e chiuderanno tutto.
Le gelate e le temperature sotto la media, specialmente tra marzo e aprile, hanno messo a repentaglio le fioriture. E così adesso ci ritroviamo con zero produzione di miele di tarassaco, ciliegio, acero, colza e millefoglie.
Adesso vediamo la fioritura dell’acacia, ma anche in questo caso stiamo con il fiato sospeso perchè le premesse non sono buone. Vogliamo sensibilizzare le autorità competenti sulle difficoltà del comparto. Purtroppo già le annate 2017, 2018 e 2019 erano andate male, il 2020 è stato un’eccezione, con una produzione soddisfacente. Adesso siamo tornati con la testa sott’acqua, in grave sofferenza, gli alveari sono vuoti».
Per gli apicoltori, effettivamente, non c’è solo il danno della mancata produzione di miele, ma anche la “beffa” dell’alimentazione delle api, che costa ingenti somme di denaro. «Se gli insetti non possono nutrirsi da soli - aggiunge Comaro - dobbiamo provvedere noi, altrimenti rischiamo che intere famiglie, nelle arnie, muoiano. A parte qualche piccolo riconoscimento economico, finora non abbiamo mai ottenuto risorse per poter andare avanti. Il nostro lavoro non riguarda solo l’attività economica di ognuno di noi, ma coinvolge tutta la società. Se noi dalla cura delle api ricaviamo uno, il restante 99 è a vantaggio della collettività in termini di ambiente, di verdure e frutta coltivate, di cui si nutrisce l’uomo. Se spariscono le api, non resterà nulla per nessuno».
«Ad Artegna abbiamo un apiario con 13 alveari che utilizziamo per il monitoraggio della situazione complessiva - spiega Manzano - . E a riprova che la situazione quest’anno è particolarmente delicata, per la prima volta le famiglie di api si sono contratte, stanno morendo molti esemplari.
Lo spopolamento è un altro elemento di forte preoccupazione. Ecco che il nostro settore ha bisogno anche di provvedimenti strutturali per risolvere le questioni aperte, altrimenti saremo qui ogni volta a chiedere un aiuto, ma con misure tampone non andiamo lontano».
Il clima cambiato e le sostanze che vengono utilizzate in agricoltura hanno ridotto drasticamente la produzione di miele. «Negli anni Ottanta e Novanta - racconta Comaro - da ogni alveare si ottenevano 30, 40 chili di prodotto, con la melata (sostanza molto particolare e preziosa che anziché essere prodotta da nettari, viene raccolta dalle foglie degli alberi) fino a 60 chili. Oggi per ogni alveare (in Friuli ce ne sono 36 mila circa) siamo tra i 12 e i 14 chili. Nel 2019 si è toccato il fondo con 11,3 chili, ma quest’anno, se va avanti così, aggiorneremo il record negativo».
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