Il patto tra i partiti per tagliare l'Irpef va in crisi su flat tax e tassa di successione
Tutti d'accordo ad abbassare le tasse (ci mancherebbe!), tutti d'accordo a mettere mano all'Irpef a partire dalla terza aliquota e dai redditi medi compresi nella fascia 28-55 mila euro, e pure nel far sparire l'Irap annegandola nell'Ires. Da qui a riuscire a trovare un'intesa in Parlamento sulla riforma fiscale però ce ne passa. Non solo: il governo non ha ancora iniziato a ragionare sulla nuova legge delega che già Cgil, Cisl e Uil si mettono di traverso sostenendo che «la riforma non può prescindere da un confronto con i sindacati che il Governo deve al più presto avviare», aggiungendo poi che «se le direttrici fossero quelle emerse sinora sarebbero poco rispondenti alle necessità di una riforma fiscale equa e giusta».
Il problema che dopo quattro mesi di audizioni le due anime della maggioranza non hanno trovato ancora un punto d'incontro sui punti più delicati: da un lato le tasse di successione, diventato cavallo di battaglia del Pd lettiano, e dall'altro la flat tax per le partite Iva su cui punta la Lega.
Nella bozza del documento conclusivo, che il Parlamento dovrà produrre entro il 30 giugno questi due temi sono bollati come «Nodi politico da sciogliere». Per consegnare in tempo uno schema generale di riforma al governo (Draghi nel suo discorso di insediamento ha detto esplicitamente di voler valorizzare il lavoro del Parlamento) manca meno di una settimina.
Intanto ieri il presidente della Commissione Finanze Luigi Marattin (Iv) ha smentito l'ipotesi di riduzione dal 26 al 23% del prelievo sulle rendite finanziarie. «Non è contenuta in nessuna delle 21 pagine della bozza finale (che è comunque assolutamente preliminare e incompleta), né tantomeno in nessun documento dei singoli partiti» ha dichiarato. A riprova che sta ancora tutto in alto mare.