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Июнь
2021

Ludwig: «Nessun tormentone. Per me, è sempre estate»

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Ludwig, le foto
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All’altro capo del telefono, risuona una voce fioca. «Mi dispiace. L’ho lasciata in Grecia, dove sono andato a suonare», si scusa Ludwig, Ludovico Franchitti, all’anagrafe. «Quest’estate», spiega poi, «Ho deciso di tornare a suonare dal vivo. In Grecia, è parso tutto fosse finito davvero. In Italia, sto aspettando il governo decida se e cosa fare di discoteche e feste danzanti. Non voglio cantare davanti ad un pubblico seduto», dice ancora l’artista, cui dare una definizione univoca sembra cosa impossibile. Ludwig, il cui nome d’arte ha nulla a che vedere con la violenza che, di primo acchito, potrebbe evocare, è una stella dei social, di Instagram, di TikTok. È producer, deejay, un cantante che, a tavolino, si è chiesto cosa mai avrebbe voluto comunicare («Leggerezza», sarebbe stata la risposta). Ludovico Franchitti, che i primi passi nello spettacolo ha mosso a quindici anni, è tutto quel che ha deciso di essere, noncurante del bisogno – tutto italiano – di categorizzare. «Quest’anno, ho deciso di fare un passo indietro ed uno in avanti», dice, presentando Partire, singolo estivo che preannuncia l’uscita del suo secondo Ep, Neverland, fissata per venerdì 25 giugno.

https://www.youtube.com/watch?v=0-RGwWdeI2c

Neverland è stato anche il ranch di Michael Jackson. Perché scegliere un nome tanto evocativo?
«Non ho scelto questo titolo pensando ai tanti rimandi che avrebbe potuto avere. L’ho scelto spinto dal caso e da un amore viscerale per Peter Pan, la versione Disney e l’adattamento live-action, Hook, un pezzo di cuore. Ero al Circeo, in una villa affacciata sul mare. Mi ci sono chiuso per scrivere».

Una scelta controcorrente rispetto a quelle di tanti suoi colleghi.
«Ne sono consapevole, ma io, con la mia musica, vorrei trasmettere positività, allegria. Non posso, però, prescindere nello scrivere da quello che vivo. Perciò, il Circeo. Per scrivere del bello, devo stare bene: non posso chiudermi in studio. Neverland è nato dalla consapevolezza del periodo orrendo che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Vorrei fosse un’occasione per ripartire e far partire con me i ragazzi che mi ascoltano, reduci da quarantene e lockdown».

Da dove nasce questo suo bisogno di leggerezza?
«Non saprei. Credo di essere sempre stato così. Da bambino, ero l’anima del gruppo: sempre leggero, sempre pronto a fare festa. Quando ho deciso che avrei fatto musica, mi sono chiesto cosa volessi dire. Avrei potuto fare il serio, ma poi perché cercare di vendere quel che non sono?».

Leggerezza, poi, non è per forza sinonimo di stupidità.
«No, nonostante qualcuno ancora lo pensi. È un discorso estremamente italiano. Se si andasse a tradurre la musica americana, si scoprirebbero testi pieni di donne, soldi, di yacht».

Troppe critiche?
«Alcune. Sono una personalità nota, e in quanto tale ho fan e haters. C’è chi mi accusa di fare canzoni per bambini, robetta da Zecchino d’Oro. Dovrei essere più serio, dicono. Ma perché? Per chi? Io vorrei portare pensieri felici ai ragazzi, traghettarli con me sull’Isola che Non C’è. Ciò detto, io sono molto sereno. Non si può piacere a tutti, e lungi da me criticare chi critica».

In Partire, suo singolo, promette però che «Una canzone estiva non mi cambierà».
«Quel che voglio dire è che Partire, la mia musica, non è necessariamente qualcosa di stagionale. Il singolo ha sonorità reggaeton, genere che si pensa debba finire con l’estate. Per me, invece, è un passo avanti, una sfaccettatura ulteriore. Sono partito da sonorità rap, poi mi sono avvicinato alla trap, al pop. Ora sono qui».

Dove andrà, poi?
«Mi sto guardando in giro, America, Spagna, Brasile. Non so dove andrò, ma il prossimo passo vorrei fosse un album vero e proprio, che possa aggiungere qualcosa di nuovo alla mia produzione artistica».

Cosa?
«Dei featuring, magari. Ho qualche idea, qualche progetto in essere, ma non posso parlarne».

Tira aria di cambiamento, insomma.
«C’è un cambiamento, ho abbracciato sonorità un po’ più estive, sono tornato indietro. In verità, credo che l’ago nel pagliaio sia stato Adesso mi diverto. Avevo lasciato le sonorità di discoteca, non mi sentivo di fare canzoni con cassa dritta. Era tutto chiuso, la vita sospesa. Adesso, sono tornato al 2019, perché quello che voglio trasmettere è positività, leggerezza, divertimento».

Non ha paura che, come l’anno scorso, dopo l’estate possa ricominciare tutto?
«Spero di no. Lo scorso anno, abbiamo fatto finta di niente. Quest’anno, saremo quasi tutti vaccinati».

Il vaccino, per i personaggi social, è stata l’ennesima occasione di critiche. Tanti hanno perso follower.

«Io premetto che sono contro l’idea di un selfie di rito che accompagni i vaccini. Non per niente. Semplicemente, non ho mai fatto nulla di tutto questo, né ho intenzione di cambiare. Negli ultimi mesi, credo di aver fatto centoventi tamponi. Non ho fatto mezza foto. Il vaccino lo farò più avanti, avendo fatto il Covid-19. Lo farò, però, in silenzio. Poi, per carità, se qualcuno dovesse chiedermelo, lo direi».

A Capodanno, ha fatto un evento in streaming, a porte chiuse. Il digitale potrà essere un’alternativa anche per quest’estate, dovessero rimanere chiusi i luoghi di aggregazione?
«No, non chiederò ad un ragazzo, con quaranta gradi e il sole fuori dalla finestra, di stare seduto davanti ad uno schermo. A Capodanno, è stato bellissimo, ma la meraviglia di un concerto è la vicinanza con l’amico, il suo abbraccio, la compagnia. Tutto questo è insostituibile, e io preferisco non fare nulla piuttosto che rinunciarvi».

Alla gara al tormentone estivo, però, non ha rinunciato.
«Nessuna gara, invece. Io, in Partire, parlo esclusivamente di me: non c’è niente nel testo che possa far pensare alla ricerca del tormentone. La gara capisco esista. La gente che è stata ferma per un anno e mezzo, non appena ha visto uno sprazzo di libertà, ha tirato fuori i propri singoli. Io no. Per me, è sempre estate».

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