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Июнь
2021

Mirandola-Londra-Modena: L’avventurosa vita di Rossana “La Rossa” diventa un libro. È il regalo della figlia

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CRISTIANA MINELLI

Ci sono compleanni e compleanni. I diciotto furoreggiano, i cinquanta sorprendono, i novanta sono solo per qualcuno. Se poi, arrivati al fatidico giro di boa, si riceve in regalo la storia della propria vita, si diventa una notizia.

A Rossana Benatti, detta La Rossa, una gentile signora di Mirandola, classe 1931, che ha vissuto a Londra, a Milano e poi a Modena, è successo.

Sua figlia Barbara ha raccolto ricordi, appunti, lettere, fotografie, facendo tesoro, nel tempo, di aneddoti e reperti del passato: un quaderno, un orsacchiotto, un paio di scarpe, un paio di guanti, una fattura datata 1934. Tutti insieme hanno restituito la storia di una vita, «La Rossa. Flashback Story».

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Che parte da Mirandola il 30 gennaio 1931 e poi si sviluppa oltre confine, a Londra, quando la regina Elisabetta, sul trono da ben 68 anni, era ancora una principessa. Non capitava a tutti, all’epoca, soprattutto a una ragazza di provincia, di ritrovarsi soli in un paese straniero per imparare l’inglese. E nel 1952 anche arrivarci era un’impresa ardita.

Come è riuscita a cavarsela una volta raggiunta la capitale inglese?

«Ho avuto la fortuna di vedere Londra, di viverla, nella manciata di anni fra il dopoguerra e la Swinging London, prima del boom della moda, dei Beatles, delle minigonne. Quando non c’erano ancora i grattacieli e la passeggiata che portava verso il centro era un percorso magico. Dopo un primo, disastroso, approccio come baby sitter sono andata in Exhibition Road e ho deciso di suonare i campanelli».

Com’è arrivata a lavorare per l’ambasciata afgana?

«È stato il primo campanello che ho suonato. Sono stata ricevuta e sono diventata la dog keeper dei levrieri dell'ambasciatore. Un lavoro che mi ha lasciato tempo per studiare e per svagarmi. Avevo una stanza tutta per me, all’ultimo piano dell’edificio, dove ogni sera un tuttofare polacco veniva ad accendere il camino. Dalla finestra vedevo la gente che si metteva in fila per andare agli spettacoli della Royal Albert Hall».

Lì ha conosciuto anche la principessa Margaret.

«Come membro dello staff, in virtù del mio gusto italiano, ho supervisionato diversi allestimenti e i preparativi di ricevimenti, anche quello, in grande stile, al quale era stata invitata ad intervenire la principessa Margaret. Proprio il giorno della festa l’addetto all’ascensore si è ammalato e quindi, dopo un piccolo intervento sartoriale d’emergenza, ho indossato la sua divisa e accompagnato la principessa al salone. Travestita da liftboy. Un momento che non si dimentica».

All’ambasciata c’era anche un’altra principessa

«Sì, la principessa Bilqis Begun, figlia del re Mohammed Zahir Shah, l’ultimo sovrano del regno afgano, una delle poche amiche nella Londra dei miei vent’anni. Fidanzata con il figlio dell’ambasciatore, risiedeva spesso in ambasciata. Al momento di separarci mi ha invitato ad andare con lei per qualche tempo a Kabul. In cambio avrei avuto un levriero afgano tutto per me. La voglia di andare a casa dalla mia famiglia, però, è stata più forte. Non ci siamo mai più riviste».

Sembra una favola ma è una vita vera, che passa in rassegna anche Mirandola e i suoi personaggi, la sua famiglia, le scelte di una vita che l’hanno portata a Milano e poi a Modena, dove ha messo definitivamente radici la sua famiglia.

Che effetto le fa rileggere oggi il libro della sua vita?

«È un regalo che non avrei mai creduto di ricevere. Solo mia figlia Barbara poteva avere un’idea come questa. Sono una mamma fortunata. Chi lo leggerà, soprattutto chi è originario di Mirandola, potrà rivivere il passato, rivedere, fra le righe, mia madre Fernesta, titolare di uno storico bar nel centro del paese, mio padre Alfredo, che era custode del macello, personaggi come il Nuto, che aveva un banco di frutta e verdura in piazza fra la bancarella di Peppo Panzani e quella dei polli, davanti al portico. E altri volti del passato della cittadina».

Barbara nella dedica ha scritto: «Dedicato alla mia mamma. L’ho sempre pensato, ho scelto la migliore!». Chi scrive testi «on demand» è abituato a raccogliere e poi elaborare storie di ogni genere. Solo qualche volta è un privilegio. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA +




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