Procaccio: «Sono quasi a posto. Il nucleo dell’Unione è solido»
TRIESTE. Per Andrea Procaccio è stata una stagione sfortunata, con quella frattura al piede destro che l’ha bloccato all’inizio e tormentato alla fine. Ora l’alabardato si sta curando e conta di essere pronto per la nuova stagione. E confessa che fra i tanti ruoli in cui ha giocato, quello di mezzala lo affascina particolarmente.
Procaccio, intanto come sta?
«Ora un po’ meglio, gli ultimi esami hanno rivelato che la frattura non si è chiusa del tutto, ma sta migliorando e si è già formato il callo osseo. Il fatto è che la prima frattura non era mai guarita del tutto, quando sono tornato mi sono stirato un legamento in quella zona, da qui la ricaduta».
Ma sarà pronto per il ritiro?
«Sto lavorando sodo ogni giorno con palestra e piscina, punto a essere pronto per il ritiro o poco dopo. Abbiamo anche trovato il plantare adatto, ci siamo quasi insomma».
Da spettatore, come ha vissuto la partita con la Virtus Verona?
«È stato brutto e traumatico uscire così. Già era stata una vigilia problematica con i rinvii e i loro problemi con il covid. Dopo quello che era avvenuto, si pensava che sarebbe stato tutto facile e l’avremmo risolta subito, invece è stato davvero un trauma. Siamo usciti come se non ci avessimo neanche provato».
Eppure in stagione avevate dimostrato di valere il Padova.
«Quello che fa rabbia è che nelle partite sulla carta più difficili ci siamo sempre stati, poi invece ci siamo persi in un bicchiere d’acqua, purtroppo è stato cosi tutto l’anno. Con le piccole abbiamo fatto fatica mentre differenze con le grandi non ce n’erano. Ma l’esperienza dimostra che i campionato si vincono proprio non perdendo punti con le piccole».
Cosa è mancato alla Triestina quest’anno?
«Secondo me la squadra c’era, e l’importante è che ora una buona base per ripartire ce l’hai già. Se rimane un buon pezzo di squadra che già si conosce, è un gruzzoletto prezioso sul quale lavorare. Abbiamo visto in passato le esperienze di Pordenone o altri, che stando qualche anno assieme con gran parte del gruppo, al terzo o quarto tentativo ce l’hanno fatta».
Come mai è così importante questo aspetto?
«Perché io credo serva continuità nella conoscenza fra i giocatori: in una squadra si combatte sempre uno per l’altro, ma se si è assieme da più tempo c’è qualcosa in più, inoltre i meccanismi sono oliati».
Da quando è in alabardato ha giocato in almeno cinque ruoli: qual è il suo preferito?
«Premettendo che l’importante è giocare, in qualsiasi ruolo il mister ti metta, credo che ho rivalutato quest’anno molto il ruolo di mezzala. È vero, ho fatto anche l’esterno, il trequartista, la seconda e perfino la prima punta, ma la mezzala mi piace, è un ruolo in cui hai sempre palla e puoi puntare l’avversario. Poi certo devo migliorare molto nel gol che è stato il cruccio. E c’è anche un altro motivo per cui mi piace giocare mezzala».
Quale?
«In quel ruolo hai più campo per correre e a me piace molto andare avanti e indietro sul terreno di gioco, mentre in altri ruoli hai uno spazio di azione più limitato. Chissà, potrebbe diventare il mio ruolo definitivo».