L'attivista afghana per i diritti umani e per i diritti delle donne è atterrata in Germania con la sua famiglia. Da giorni si temeva per la vita della giovane sindaca
Zarifa Ghafari, dal 2018, è stata bersaglio di almeno sei tentativi di omicidio. Enormi erano i timori per la sua salvezza in questi giorni di caos in Afghanistan. L’attivista afghana per i diritti umani e per i diritti delle donne è atterrata in Germania con la sua famiglia all’aeroporto di Colonia-Bonn nella tarda serata di lunedì. Lo ha reso noto la cancelleria del Nord Reno-Vestfalia.
Sindaca della città afghana di Maidan Shahr nel 2018, è fuggita dai talebani ed è stata accolta all’atterraggio dal presidente della Cdu e candidato alla cancelleria Armin Laschet. Una settimana fa aveva dato notizie attraverso whatsapp ad Avvenire. «Io sto bene. Ma sono preoccupata per la mia famiglia, per mio marito e per me stessa». Era già a Kabul. A un sito britannico aveva raccontato il terrore delle ultime settimane. «Sono qui ad aspettare con mio marito e con la mia famiglia che vengano a prendermi. Non c’è nessuno che possa aiutarci. E verranno, per persone come me, e mi uccideranno».
Non ancora trentenne era la sindaca più giovane del Paese. Aveva superato una selezione in cui era l’unica donna fra 138 candidati. Nel luglio 2018 era entrata nel municipio di Maydan Shahr, 50 chilometri a sud est della capitale. C’erano voluti 8 mesi per superare diffidenza e ostilità locali in una delle regioni più conservatrici del paese.
All’estero è sempre stata uno dei volti della rinascita femminile dell’Afghanistan. Nel 2020 è stata premiata come Donna simbolo di coraggio negli Usa per il suo impegno a favore dell’istruzione e della libertà femminili. Suo padre è stato ucciso in un attentato e lei stessa è scampata più volte ad agguati. Sempre ad Avvenire ha raccontato: «Voler vivere da eroe è abbastanza normale, chi non vuole farlo? Ma quando la vita finisce, è allora che la gente deve ricordarti come un eroe. Anch’io desidero vivere da eroe e da modello per il mio Paese e per la mia gente. Ma desidero soprattutto morire da eroe – perché so che un giorno morirò – lavorando sempre di più, di più, di più per la mia gente e per il mio Afghanistan».
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