No Pass, gli invisibili della protesta
![](https://www.panorama.it/media-library/proteste-no-green-pass-trieste.jpg?id=27810298&width=1200&coordinates=0%2C0%2C0%2C0&height=800)
Lontano da estremisti di sinistra e ultrà di destra, la gran parte di chi ha manifestato a Trieste contro «la carta verde» è gente normale: famiglie, pensionati,avvocati, persino farmacisti ed ex ambasciatori. Tutti uniti nel rifiuto dell'idea di una controversa «dittatura sanitaria». E tutti determinati a manifestare un legittimo disagio.
«Bugiardi, falsari, truffatori» grida Antonio davanti alla sede Rai di Trieste assediata da 10 mila manifestanti scesi in piazza per protestare contro il green pass. Assicuratore non lontano dalla pensione, impeccabile e distinto, sente il richiamo della gioventù quando sfilava nei cortei anti trattato di Osimo degli anni Sessanta, che sancì la cessione senza contropartite dell'ultimo lembo dell'Istria al maresciallo Tito. E anche allora la Rai era accusata di parzialità e disinformazione.
Antonio è uno dei tanti cittadini normali che hanno aderito alla protesta no pass senza le intemperanze dei radicali di sinistra, degli estremisti di destra o di ultrà religiosi. «Ho partecipato e parteciperò alle manifestazioni anti green pass. Le ritengo giuste e sacrosante. Il filosofo Giorgio Agamben ha ricordato che nemmeno nella vecchia Unione sovietica del compagno Stalin erano previste restrizioni così gravose e irragionevoli». Uomo di cultura, attacca la «carta verde diventata un requisito per lavorare e un ricatto per forzare le vaccinazioni, cosa che peraltro pare normale ai tanti costituzionalisti a gettone che siedono in parlamento o occupano i vertici delle istituzioni».
Antonio, che ha sfilato in giacca, difende i cortei: «Sono popolati da uomini e donne preoccupati per la salute propria e dei loro cari, che condividono le fondate riserve di molti scienziati nei confronti della vaccinazione di massa. Ci si imbatte anche, ma è fisiologico e inevitabile, in personaggi folcloristici o non del tutto equilibrati. Componenti marginali, che diventano prevalenti solo negli interessati resoconti di certi giornalisti».
Non tutti schierati con la linea ufficiale. Riccardo Pelliccetti, giornalista triestino, conosce bene la zona degli scontri scoppiati il 18 ottobre per l'intervento di sgombero della polizia dei portuali e manifestanti che presidiavano uno dei varchi d'ingresso dello scalo giuliano, il primo in Italia per movimentazione merci. «Ai disordini in viale Campi Elisi hanno partecipato al massimo una cinquantina di persone» afferma. «Ma i cortei no pass sono composti da migliaia di cittadini, lavoratori, anziani, pensionati, gente normale e tranquilla». Già malato di Covid, vaccinato della prima ora, Pelliccetti è convinto che «era meglio l'obbligo vaccinale rispetto al green pass, che provoca discriminazione ed è uno strumento di controllo sociale. Per questo sono andato in piazza, per aderire alla protesta e come giornalista per documentare le manifestazioni».
Trieste, «capitale» dei no pass, divide le famiglie della borghesia cittadina solitamente tranquilla. Paola e Anna sono due sorelle sui fronti opposti del lasciapassare verde. L'11 ottobre, quando erano scese in piazza 15 mila persone, la prima prestava servizio come volontaria al centro vaccinale in porto vecchio. La seconda partecipava al corteo nelle stesse ore, che ha fatto diventare il capoluogo giuliano il centro della protesta. «Mia sorella è vaccinata e ha il pass, ma pensa che viviamo in una dittatura sanitaria. Sono dall'altra parte della barricata e «sbaruffiamo" alla grande. Ci vogliamo sempre bene, ma sto malissimo» spiega Paola che, regolarmente mascherata, aiuta le persone nelle pratiche per il vaccino.
Anna è molto legata alla sorella, ma ammette che «c'è un muro, non abbiamo un punto di incontro. Scendo in piazza solo nei cortei autorizzati. La protesta deve essere pacifica. Quando qualcuno voleva manifestare in modo più acceso noi donne ci siamo messe in mezzo per placare tutti. Siamo in tante per i nostri figli».
Anna ha il marito primario d'accordo con lei, anche se «mi prende per pazza perché vado alle manifestazioni». I due figli grandi non sono vaccinati e fanno i tamponi ogni 48 ore per andare al lavoro. «Sull'uso della forza della polizia al porto contro gente pacifica ci siamo dette di tutto con mia sorella. Ma nella telefonata dopo si fa pace» racconta Anna. «Questa situazione mette le persone una contro l'altra. Una mia cara amica si è lasciata con il compagno pro vax e lei contro il vaccino».
Un farmacista ha portato la moglie in piazza e commenta: «Ci sono quelli che si fanno le canne con le treccine, ma incontri anche l'avvocato, il commercialista, i professionisti che manifestano per la libertà». Sciorina numeri e tabelle che dimostrerebbero l'inefficacia dei vaccini e l'infondatezza dei dati ufficiali. Assieme a Francesco Zarattini, piccolo imprenditore nel settore sanitario, aveva portato un paio di tavolini da campeggio e generi di conforto per i manifestanti all'ingresso del porto. «Non ho tesi di partito, non appartengo ad alcuna associazione, ma sono qui perché la democrazia si sta sgretolando con un progetto che parte da lontano. Basta leggere il Grande reset, libro di Klaus Schwab. L'obiettivo è indebolire la democrazia con governi di tecnocrati» è convinto Zarattini, in piazza con la moglie. Lui è vaccinato e favorevole «a un uso prudente e razionale dei vaccini con una pari dignità di tutte le terapie domiciliari, soprattutto precoci».
Bruno Scapini, ex ambasciatore italiano, è a Roma, ma viene spesso a Trieste, dove vive la figlia e ha partecipato ai cortei. Durante il presidio allo scalo della città che ha fatto il giro del mondo ha fatto girare un messaggio ai suoi contatti all'estero, in inglese, di questo tenore: «Cari amici! È spaventoso! Impossibile crederci! Ma vero! L'Italia sta per diventare una dittatura totale. (…) Noi persone abbiamo bisogno di aiuto ora da paesi amici! Nella maggior parte delle città ci sono ribelli. I lavoratori del porto di Trieste hanno preso la guida dell'opposizione al governo e hanno bisogno di sostegno per continuare la loro lotta per la libertà!». In realtà il 19 ottobre i portuali hanno preso le distanze dal loro ex portavoce, Stefano Puzzer, che continua a guidare la ribellione con un nuovo comitato composto da professionisti che non hanno mai lavorato nello scalo.
La no vax più anziana, e certamente innocua, è Liliana, 88 anni, munita di berretto e piumino bianchi. «Per solidarietà mi sento una portuale pure io» ha dichiarato. «Non mi sono vaccinata e non ho il pass anche se alcune persone care sono morte di Covid. Trieste ha lottato e dopo la guerra si è trovata con metà gente. Non siamo marionette».
Lo spirito indipendente è confermato da Renato Furlani, commercialista: «Trieste ha un retaggio storico importante. È una città che si è sempre sentita libera. Non ho mai sfilato in un corteo in vita mia. La stragrande maggioranza dei manifestanti è composta da cittadini normalissimi, che non hanno alcuna intenzione bellicosa. La molla è stata la violazione della Costituzione a cominciare dal green pass». n
© riproduzione riservata