Camposampiero,ambulatorio pediatrico nel caos: attese infinite tutti ammassati
CAMPOSAMPIERO. Code disordinate, genitori e bambini ammassati lungo i corridoi, tamponi di terza generazione esauriti: una giornata di caos e disagi domenica 31 ottobreall’ambulatorio di assistenza continuativa pediatrica di Camposampiero. E i genitori non nascondono sgomento, indignazione, rabbia, esasperazione.
I disagi
Un avvocato cittadellese di 38 anni, C.M.C, si é recato alle 9 al presidio sanitario con la sua bimba di un anno: «Siamo arrivati al momento dell’apertura: nei festivi e prefestivi Camposampiero è l’unico punto pediatrico aperto per tutta l’Alta. Da qui ci hanno mandato al centro Rossignoli per il tampone» racconta «e bisognava fare tutto il tragitto all’aperto, al freddo. A un certo punto sono anche terminati i tamponi di terza generazione. Si è formata una colonna “infame”: i bambini venivano mandati avanti e indietro, non c’era alcun criterio, non sono riusciti a darci neppure il numerino che ti danno al “casolino”».
Assembramenti
Di fatto genitori e piccoli erano assembrati: «Io ero su un corridoio» racconta il professionista «e ci si tossiva addosso. Una infermiera usciva ogni venti minuti e diceva “disperdetevi”. Ma dove potevamo andare?».
Il legale dopo due ore di attesa non vedeva ancora alba di una soluzione: «Non si possono tollerare questi livelli di disservizio e non ci si può nascondere dietro l’emergenza della pandemia per non fare il proprio lavoro. Ci dicano almeno: “non c’è personale, dovete aspettare un tot di tempo”, invece niente, nessun tipo di informazione. Una inefficienza inaccettabile».
Disorganizzazione
Il tempo passa, continuano ad arrivare bimbi, i genitori vanno vicino alla porta scorrevole, ricevono indicazioni, impossibile capire chi sia arrivato prima e dopo.
Qualcuno perde la pazienza e se ne va.
Una mamma di 46 anni di Curtarolo, T.I., racconta la sua odissea: «Non è la prima volta che devo affrontare questi disagi, ma sono dovuta venire perché mio figlio di venti mesi stava malissimo per le coliche, gridava, piangeva, aveva la febbre. Mi hanno chiesto di “lanciare” da distante la tessera sanitaria e mi hanno spedita a fare il tampone. Essendo chiusa l’area nord, bisogna fare tutto il giro dell’ospedale».
Il problema: «Non c’è alcun tipo di organizzazione, nessuna prospettiva di orario. Ho litigato con il medico: loro ci dicono che hanno disposizioni dall’alto per i tamponi, ma la situazione era assurda, c’era una coda chilometrica e io ho aspettato in uno stanzino di pochi metri con 25 persone, genitori e bambini».
Il 18 settembre il precedente capitolo dell’odissea. Sarebbe dovuta andare a fare il tampone a Padova, ma il piccolo stava troppo male: «Si sono rifiutati di visitare mio figlio e ho scritto alla direzione sanitaria».