«Ho salvato le ragazze di un bordello in Nepal. Sul web combatto la pedopornografia»
Annachiara Sarto, 23 anni, fondatrice dell’ong “Protection 4kids”. Originaria di Castelfranco, guida una squadra di oltre cento volontari
TREVISO. A 23 anni Annachiara Sarto è una “guerriera della luce” che non esita a infiltrarsi in un bordello nepalese per salvare le bambine dallo sfruttamento sessuale. Combatte la pedopornografia, contrasta la tratta dei minori, indaga per ritrovare i piccoli scomparsi senza dimenticare chi langue nei campi profughi. Castellana, studi classici, laurea cum laude lo scorso gennaio all’università olandese di diritti umani dell’Aja, nel 2019 ha fondato Protection 4kids, ong che opera con una squadra di esperti e il supporto dell’imprenditore Andrea Baggio nell’universo di internet e sul campo.
Come i guerrieri descritti da Coelho, lei crede nei miracoli?
«Nel nostro sito si trova la frase dello scrittore brasiliano convinto che le cose si muovono e cambiano quando ci crediamo fermamente. Non è facile ma insieme si possono fare grandi cose. Nella mia squadra lavorano oltre 100 volontari e un team di esperti in varie discipline, ma ciò che ci rende speciali è la passione in grado di farci superare gli ostacoli».
Perché ha deciso di occuparsi di temi così drammatici?
«I motivi, anzi i viaggi sono due. Il primo nel 2018, ero ancora al liceo e ho fatto uno stage a Città del Capo, in Sudafrica. Ero ospite di una famiglia quando arrivò una telefonata di allarme: nell’asilo erano stati rapiti quattro bambini. Sono stata così catapultata nell’universo della tratta dei minori a cui viene rubata l’infanzia, finiti in mano a predatori sessuali, sfruttatori domestici, trafficanti di organi. Mi ha colpito al cuore, ho scoperto che si tratta di un fenomeno diffuso e il nostro territorio non si salva perché l’orrore non ha confini e spesso viaggia on line».
Questa esperienza in Africa le ha cambiato la vita?
«Sì, insieme al secondo viaggio, fatto nel 2019 a Katmandu, in Nepal, tra le ragazze del centro Chhori, che significa figlie, nato per accogliere le vittime di abusi sessuali, tante, giovanissime, con violenze subite prima ancora che giunga la mestruazione».
Cos’ha provato di fronte a questo mare di dolore?
«Sono svenuta. Incapace di contenere le emozioni, i pensieri, le immagini che avevo di fronte a me. Per fortuna c’era mia madre, Annalisa Rossato, lei è medico e mi ha soccorso. Mi sono risvegliata con 25 faccine che mi guardavano preoccupate».
Sua madre era con lei?
«Mia madre mi ha sempre sostenuta, c’era in questa e altre missioni. Insieme siamo diventate investigatrici, infiltrate in un bordello nepalese fingendoci clienti per agganciare le ragazze, testimoniare lo sfruttamento e liberarle».
Avete rischiato la vita.
«Non è stata un’impresa facile, siamo scese in uno scantinato dove si svolgevano i “traffici”, cercando di non farci scoprire. Poi abbiamo denunciato tutto alle autorità e le nostre testimonianze, insieme alle foto, hanno permesso di chiudere almeno quel posto perché purtroppo ce ne sono tanti, troppi».
Vi hanno mai aggredito o minacciato?
«Fisicamente no ma nel web si scatenano, per fortuna la mia squadra si stringe compatta e andiamo avanti, forti dell’amore che torna indietro da tutti quelli che abbiamo aiutato, anche recentemente nei campi dei profughi afghani in Grecia».
Riuscite a ritrovare i bambini scomparsi?
«È una grande gioia quando accade, come nel Coneglianese dove era scomparsa una ragazza e le nostre ricerche a supporto delle forze dell’ordine hanno permesso di ritrovarla in Romania».
Annachiara sognava di fare questo da bambina?
«Fino al viaggio in Nepal sognavo di dirigere un museo ma in realtà ho respirato l’aria solidale fin da piccola: i nonni hanno fondato un ospedale in Brasile, mia madre medico di base svolgeva missioni umanitarie e mio papà Patrizio, cardiologo, ha sempre dato molto agli altri. Sulle spiagge di Jesolo ha rianimato per 40 minuti un ragazzo affogato, riportandolo in vita».
Il suo sogno oggi?
«Far conoscere il nostro lavoro e convincere i miei coetanei che vivere in modo superficiale non è appagante, non esistono solo i fashion blogger: impegnarsi affinché le cose cambino dona felicità agli altri e a noi stessi».