Alla porta dell'Europa
Dalla pressione sull’estremo confine orientale ai tentativi di traversata della Manica. E poi gli sbarchi continui da Libia e Tunisia, o la rotta che dalla Turchia porta dritto in Calabria. Nel 2021 c’è stata un’impennata negli arrivi di migranti. E i trafficanti di esseri umani ora operano anche in pieno inverno.
L’aereo di Frontex inquadra nel mirino verde un peschereccio di una ventina di metri, carico di migranti, che avanza tra le onde. La foto dal cielo è stata scattata il 27 novembre scorso. Il giorno dopo la Guardia costiera, con l’aiuto di una motovedetta rumena dell’agenzia europea per il controllo per le frontiere, soccorre il peschereccio al largo di Roccella Ionica. In tutto 244 «passeggeri», comprese donne e bambini siriani, palestinesi, egiziani partiti da Mersin in Turchia. Costo del viaggio verso l’Italia tra gli 8 e i 10 mila dollari. È la rotta dal Mediterraneo orientale, che d’inverno non si interrompe. «Con barche a vela che di solito partono dalla Turchia e trasportano migranti soprattutto afghani, iraniani e iracheni. E poi pescherecci dalla Libia orientale con a bordo principalmente egiziani» spiega a Panorama una fonte della Guardia costiera. Quest’anno, in Calabria, sono sbarcati in 13 mila.
L’impennata è un capitolo della crisi dei migranti, che da più fronti esercita la sua pressione sulla fortezza Europa: dai 63 mila sbarchi in Italia via mare, alla rotta balcanica che sfiora i 10 mila arrivi attraverso il Friuli-Venezia Giulia, al moltiplicarsi dei passaggi di 24 mila migranti sulla Manica, fino ai profughi utilizzati come «arma ibrida» con gli 8 mila fatti transitare dalla Bielorussia verso l’Unione europea.
«L’Ue non ha costruito un sistema coerente di protezione delle sue frontiere» osserva il docente di studi strategici Paolo Quercia. «Inoltre non ha saputo intervenire nei conflitti attorno all’Europa. Per cui a un decennio dalle primavere arabe è in balia degli eventi».
2019-2021: GLI SBARCHI aumentati di sei volte
L’Italia quest’anno registra un boom di sbarchi: 62.941 da gennaio al 1° dicembre. Quasi il doppio rispetto al 2020 e, come ha sottolineato lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi, i migranti sono «sei volte tanti rispetto al 2019». La prima nazionalità è quella tunisina (15.055), seguita da egiziani (7.837) e migranti del Bangladesh (7.567).
Nessuno che arriva da questi tre Paesi è in fuga da guerre e avrebbe diritto all’asilo. Non solo: la vituperata Guardia costiera libica ha intercettato in mare 26.899 migranti, che altrimenti si sarebbero sbarcati in Italia. La tradizionale «pausa» imposta dall’inverno oggi è annullata grazie a partenze di barconi più grandi da Turchia e Cirenaica che sfidano il mare mosso e gelido. La nuova rotta libica parte dall’area di Tobruk.
Quest’anno le navi delle Ong hanno portato in Italia 7.763 migranti partiti dalla Libia e 473 dalla Tunisia. L’ultimo imponente sbarco registrato risale al 28 novembre, avvenuto ad Augusta, con 482 persone raccolte in mare dalla Sea Watch 4. Pochi giorni dopo l’Ocean Viking di Sos Mediterranee è salpata da Marsiglia diretta verso le coste libiche. «Le Ong si stanno riorganizzando anche con appoggio aereo per arrivare prima dei libici a intercettare i migranti» dice una fonte di Panorama in prima linea sul fronte marino.
«Non riusciamo a gestire questo flusso perché il controllo dei migranti in Libia si fa dalle frontiere meridionali, che nessuno presidia» aggiunge Quercia. «Se l’Unione europea volesse ridurre la pressione e salvare vite umane dovrebbe dispiegare Frontex al confine sud della Libia». La crescita di arrivi dalla rotta orientale ha costretto la Guardia costiera a spostare importanti unità navali sul mar Ionio, dove si allarga un’area di ricerca e soccorso italiana enorme, fino a 175 miglia dalla costa. «In media avviene uno sbarco ogni tre giorni, anche ora con le condizioni meteo peggiorate» lamenta Vittorio Zito, sindaco di Roccella Ionica, provincia di Reggio Calabria. Il comune di 6 mila abitanti non è in grado di gestire 5 mila arrivi, solo quest’anno.
LA ROTTA BALCANICA È SEMPRE APERTA
Anche lungo questa direttrice si continua ad arrivare. Fino a 102 migranti in una sera, com’è successo il 18 novembre alle porte di Trieste: probabilmente nascosti all’interno di un Tir. Da inizio anno a fine novembre si sono già contati oltre 9.700 arrivi rispetto ai 6.500 (con 1.200 riammissioni in Slovenia) dell’intero 2020. «In passato c’era un calo in novembre e dicembre, adesso è il contrario» nota Lorenzo Tamaro del sindacato Sap di polizia. «I numeri stanno raddoppiando e non c’è ancora stato l’effetto della crisi afghana. Il prossimo anno, al contrario, potrebbe abbattersi un’ondata di profughi dal Paese tornato in mano ai talebani. È un’incognita preoccupante. E bisogna prepararsi ora, non improvvisare all’ultimo momento».
Oltre al danno, c’è poi la beffa: il Sap denuncia che sono «finiti i soldi, non era mai successo» per le indennità degli agenti previste per il «servizio congiunto con i militari di Strade sicure». Giuseppe Colasanto, ex dirigente dal polizia di frontiera di Trieste, ammette che «le riammissioni in Slovenia servivano a contenere gli ingressi e disincentivare le partenze lungo la rotta balcanica, ma non riprenderanno a causa delle pressioni politiche e di un quadro normativo sul filo del rasoio. Quando un migrante mette piede in Europa, poi resterà per sempre».
Il 30 novembre scorso, lo hanno certificato di fatto i parlamentari di Più Europa, Riccardo Magi e del Pd, Matteo Orfini, a Trieste per annunciare che «le riammissioni informali di migranti non avverranno più nei confronti di chi richiederà protezione internazionale». In pratica, tutti i migranti della rotta balcanica.
Obiettivo: Dover
Da Calais, ribattezzata la «Lampedusa francese», si intravedono le scogliere di Dover oltre la Manica. Per attraversare le 20 miglia dalla Francia all’Inghilterra i migranti si inventano di tutto. Il negozio Decathlon nella cittadina francese ha vietato la vendita di canoe utilizzate - spericolatamente - per la traversata del Canale. I più sprovveduti usano materassini gonfiabili e un migrante è stato trovato morto con un salvagente fatto di bottiglie di plastica.
In gran parte, però, si affidano ai trafficanti che organizzano le partenze in gommone. I rumeni sono i «passeur» più forti e spregiudicati, ma non mancano curdi e vietnamiti. I bunker sulla spiaggia, che risalgono alla Seconda guerra mondiale, vengono usati come nascondigli, e «barche esca» servono a ingannare le motovedette francesi favorendo la partenza per la traversata in un altro punto della costa. Quest’anno sono partite illegalmente per il Regno Unito 24 mila persone, quasi il triplo rispetto al 2020. Il 24 novembre scorso il naufragio di un gommone con 27 migranti annegati ha fatto esplodere la tensione fra Inghilterra e Francia. Il premier britannico Boris Johnson ha pubblicato su Twitter il contenuto di una lettera al presidente Emmanuel Macron, che intimava alla Francia di «riprendersi tutti i migranti che attraversano la Manica». La risposta è stata negativa. E gli inglesi ora trattano con Albania e Ruanda nella speranza di spedire i migranti della Manica in questi Paesi in cambio di incentivi economici.
Il ricatto dei rifugiati
L’Europa è sotto pressione anche alla sua frontiera più orientale, dove «8 mila migranti hanno varcato le frontiere Ue e si trovano in Lituania, Lettonia e Polonia. Non è una crisi migratoria ma un attacco ibrido» ha dichiarato Ylva Johansson, commissario agli Affari interni di Bruxelles. Il presidente bielorusso, Aleksander Lukashenko, come rappresaglia alle sanzioni europee ha fatto arrivare con visti facili migliaia di migranti nella capitale Minsk per poi indirizzarli verso i confini Ue. I polacchi li hanno militarizzati, registrando quest’anno 38 mila tentativi di ingresso illegale. Aldo Ferrari, esperto di Eurasia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, è convinto che «al di là della tragedia umanitaria, la vicenda dei migranti sia stata gonfiata, ma fa parte della frattura fra l’Occidente e la Russia che sta portando a una pericolosa escalation militare al confine con l’Ucraina, la crisi più grave dall’annessione della Crimea del 2014».