Covid, la stretta di Natale e l’ira dei supertecnici: “Misure insufficienti, bisognava fare di più”
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Gli scienziati del ministero della Salute bocciano la nuova stretta: «Serviva il tampone per chi è vaccinato soltanto con due dosi»
ROMA. I supertecnici arruolati da Speranza al Ministero storcono il naso quando iniziano a trapelare le prime notizie sulle decisioni della cabina di regia per contrastare lo tsunami di Omicron. Loro a Palazzo Chigi non sono stati invitati, eppure nella squadra ministeriale ci sono esperti di pandemie del calibro di Giuseppe Ippolito, ex direttore scientifico dello Spallanzani, ora a capo del dipartimento ricerca del dicastero, e Gianni Rezza, prima a dirigere il dipartimento malattie infettive dell’Iss e ora la prevenzione alla Salute. Per loro e gli altri esperti del ministero le misure non sarebbero sufficienti a disinnescare l’allarme, che è tutto in una frazione. Dove al numeratore appare un meno 40%, quello dei ricoveri conseguenti all’infezione con la nuova variante. Ma che come denominatore ha un più 300%, perché le informazioni che arrivano dai paesi dove la versione mutata del virus è già prevalente dicono che la sua contagiosità sarebbe tre volte superiore alla Delta.
E se la matematica non è una opinione il risultato è che alla fine la pressione sugli ospedali è destinata ad aumentare anche se a livello individuale il rischio di venire ricoverati si riduce. In più l’esplosione dei contagi minaccia di mandare a breve in tilt servizi essenziali come ospedali, sicurezza e trasporti per assenza di personale in quarantena. Le proiezioni in mano agli esperti di Speranza dicono che da qui a tre, quattro giorni Omicron sarà prevalente anche in Italia, e tra altri dieci avrà completamente soppiantato la Delta. Visto che già oggi è al 28% e che il suo tempo di raddoppio rilevato in Gran Bretagna è di due, massimo tre giorni, che diventano uno in più da noi dove ci sono maggiori restrizioni. Per i tecnici occorre poi guardare in faccia la realtà sulla tenuta dei vaccini con due sole dosi. Perché in questo caso Omicron buca al 70% le difese anticorpali dal contagio, anche se regge meglio rispetto alle forme gravi di malattia. E la percentuale rasenta lo zero quando si parla di vaccini a vettore virale come AstraZeneca, mentre nulla si sa ancora su quanto protegga il neo approvato Novavax, mai testato su Omicron. Il discorso cambia con la terza dose, perché in questo caso la protezione dal contagio risale al 70% e quella da forme gravi di malattia al 75%. Ed è da questa mole di numeri che nascono le perplessità degli scienziati alla corte di Speranza. Perché a loro avviso in attesa di coprire da qui a fine gennaio il grosso della popolazione con il booster, il Green Pass anche rafforzato perché rilasciato solo a guariti e vaccinati non rappresenta un baluardo a difesa della variante. Discorso diverso se lo si fosse invece riservato agli immunizzati con la terza dose per l’accesso alle situazioni più a rischio, come ristoranti, stadi e ristoranti, chiedendo almeno per un po’ ai vaccinati con due soli dosi il sacrificio di effettuare prima almeno un tampone rapido.
Misure impopolari, che per gli esperti sarebbero dovute essere accompagnate da una operazione verità sul piano comunicativo, spiegando agli italiani che i vaccini restano l’arma principale di difesa anche contro Omicron, ma che senza richiamo ter, e in una certa misura anche dopo quello, bisogna alzare di più la guardia. Per il bene della nostra salute. E alla lunga anche dell’economia.