Reggio Emilia, un altro Natale in corsia a combattere il virus: «Siamo pochi e stanchi»
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Sanità sempre più in affanno nel gestire i numeri in crescita della quarta ondata. Servirebbe più personale ma non si trova: «Non c’è nessuno da assumere»
REGGIO EMILIA. Per potenziare i reparti, mantenere gli standard di efficacia nei tracciamenti e al contempo procedere speditamente con la campagna vaccinale servirebbe più personale.
Ma, nonostante i bandi a raffica e il via libera all’Ausl dato dalla Regione, non si trovano professionisti da assumere. Insomma, i soldi ci sono. Chi sarebbe adatto a riceverli, no. Questo, in sintesi, il grande intoppo che sta complicando la vita agli operatori reggiani e ai dirigenti dell’azienda sanitaria in trincea contro il Covid, una guerra che nonostante le loro speranze si dovrà continuare a combattere anche a Natale e durante le festività, spesso rinunciando ancora una volta alle ferie e al meritato riposo.
A fare il punto della situazione nell’ultima conferenza stampa prima delle feste sono stati ieri la direttrice generale dell’Ausl, Cristina Marchesi, il direttore del Presidio ospedalieri, Giorgio Mazzi, e la direttrice del Dipartimento di sanità pubblica, Emanuela Bedeschi.
«I numeri sono molto alti – esordisce la Marchesi – e questa pausa natalizia per noi sarà caratterizzata da un lavoro molto intenso. Nel giro di poco tempo siamo passati dall’essere una delle province con la minore incidenza di contagiati in regione a una delle prime e, come ribadiamo sempre, avere tanti casi vuol dire anche un aumento dei ricoverati e della pressione sui reparti». Pressione che grava sui nervi e sulla stanchezza delle stesse persone, da mesi e mesi. «Soffriamo la carenza di risorse – prosegue la direttrice – e non riusciamo a trovare le persone da assumere, aprire nuovi reparti diventa complesso se poi non hai gli infermieri da metterci dentro. Questo era già un problema prima della pandemia e ora il Covid lo ha esacerbato».
Questa cronica anemia lavorativa della sanità, a onor del vero causata da decenni di tagli scriteriati portati avanti da governi di ogni colore e orientamento politico, diventa ancor più evidente quando si guarda ai pensionamenti. L’Igiene pubblica reggiana ad esempio (ovvero il dipartimento che si occupa fra le altre cose dei tracciamenti) non è riuscita nemmeno a sostituire tutti i professionisti andati in pensione quest’anno.
Come se non bastasse, la mazzata finale è arrivata dall’aumento approvato quest’anno dalla Conferenza Stato-Regioni per aumentare i posti dedicati alla specializzazione dei medici: «Abbiamo sempre patito la mancanza di medici specialisti – premette la Marchesi – ma questo aumento ha portato al prosciugamento delle risorse che prima partecipavano ai nostri bandi per fare i vaccinatori o il tracciamento». Per non parlare poi dei famosi medici dell’Esercito italiano annunciati tempo fa dalla Struttura commissariale e che avrebbero dovuto aiutare le Ausl in difficoltà: la nostra azienda ha reso noti i suoi bisogni ma, fino ad ora, non si è visto nessuno.
«Infine – conclude la direttrice generale – anche il volontariato che prima ci aiutava a gestire la campagna vaccinale ha in parte ritirato la sua disponibilità. Dopo due anni di stress lavorativo così intenso, le forze iniziano a mancare». Chi rimane, invece, non ha scelta. E anche se «nessuno si aspettava numeri così alti anche nel 2021», l’unica cosa che si può fare è continuare a guardare avanti, passare un altro Natale fra pazienti intubati, vaccini da somministrare in serie, telefonate, tamponi, non di rado insulti e minacce di qualche no-vax. E sperare, anche quest’anno, nel prossimo anno.