Trieste, la piazza d’armi della Caserma Grande emanava un buon odore di pane e di stalle

TRIESTE Una città antica, Trieste, una città ricca di storia, storie e segreti. Una città che nasconde i luoghi del passato lasciando qua e là intravvedere qualcosa di ciò che fu e per quanto invisibile, c’è ancora. Così scendendo in una giornata di bora la via di Romagna in direzione di Piazza Dalmazia non è improbabile sentire con un po’ di fantasia uno strano e inusuale scalpiccio di scarpe chiodate proveniente dal terreno al di là della via Fabio Severo lì dove c’era la piazza d’armi della imperiale e regia Caserma Grande. Su quella terra allora battuta, coperta oggi da edifici e cemento, migliaia di reclute hanno conosciuto i primi rudimenti dell’addestramento, imparando a fare il saluto, a marciare, a maneggiare le armi iniziando ogni giornata con la ginnastica e tra gli esercizi ginnici non mancava certo il glenkibunki, termine usato nel linguaggio dei soldati per definire i Gelenkübungen, gli esercizi ginnici mattutini fatti di piegamenti.

Reclute di un’altra epoca, di un altro esercito, di una diversa e complessa realtà. Ottanta parole, i principali ordini, da conoscere nella lingua tedesca e per il resto la possibilità di comunicare con la Regimentssprache, la lingua più parlata nelle file del reparto; ma anche in quel mondo tramandatoci come ordinato, non sempre le cose erano così trasparenti, chiare o immediate. Proseguendo la passeggiata in Piazza della Caserma, oggi Oberdan e continuando in via del Torrente, chiamata via Carducci dal 1907, passando di fronte ai moderni edifici che hanno preso il posto del grande arco in pietra che apriva agli edifici della caserma viene facile immaginare, come in una antica fotografia, i soldati del 22° Reggimento di Fanteria, il primo reggimento dei triestini, nelle loro giubbe bianche dette Virginia posti di guardia all’ingresso; correva l’anno 1870 e la Virginia stava per essere abbandonata per sempre, sostituita dalle nuove giubbe blu.

Continuando ci viene incontro un ricordo del buon odore del pane appena sfornato dai forni della caserma, odore sostituito dopo un po’ da quello meno gradevole delle stalle, come nel racconto di Emilio Stanta, recluta triestina dell’anno 1915. Continuando a fantasticare svoltiamo in via del Coroneo e qui veniamo accolti da un lento salmodiare di frasi ripetute con attenzione: è l’eco dei Cadetti di Fanteria che tentano di mandare a memoria le tante nozioni da imparare. Ma già da un portone all’altezza del n. 4 si muove una grande ombra: è quella di un soldato con la tipica uniforme dei fanti bosniaci, ampi pantaloni e fez rosso sul capo, il cui reparto era alloggiato nei locali della Infanteriekadettenschule (Scuola Cadetti di Fanteria), chiusa nel 1895. Proseguendo verso il Nuovo Palazzo di Giustizia, il Coroneo, ci vengono incontro gli echi delle prove della Musikkapelle (la banda) del 97° Reggimento di Fanteria, che teneva la domenica i suoi concerti in Piazza Grande; il Reggimento 97 era nato nell’anno 1883, divenendo così il Reggimento dei nonni, bisnonni, trisnonni di tanti abitanti dell’antico Litorale Austriaco suddiviso oggi tra la Slovenia, il Friuli, il Goriziano, l’Istria croata e la città di Trieste.

Suggestioni, ricordi di un tempo da noi mai vissuto ma pur ancora presente perché anche la nostra città, come tutte o quasi, si è sviluppata ed è cresciuta sugli spazi lasciati liberi da altri edifici conservando il ricordo di altre vite e di altre epoche: a un livello più basso ci sono ancora nel buio canali e cantine, resti di più antiche vie di comunicazione, focolari spenti e ombre di storie ed emozioni lontane. In questo ampio spazio, delimitato dalle via Fabio Severo, via Carducci, del Coroneo e Fontana (di cui oggi rimane solo un tratto alle spalle degli edifici del Tribunale) sorgeva la Caserma Grande. Un edificio a più piani tinto nel classico giallo erariale, chiamato anche giallo Maria Teresa, o giallo Schönbrunn.

Generazioni di nostri concittadini e corregionali hanno vissuto qui un periodo più o meno lungo a seconda dell’epoca del loro servizio di leva. Nella Caserma Grande vennero alloggiati anche militari di unità non legate al territorio e ai suoi abitanti: il 4° Battaglione del 32° reggimento di Fanteria Kaiserin un Königin Maria Theresia, il cui comando era al numero 8 della Piazza della Caserma e il 4° Battaglione del 4° Reggimento della Bosnia Erzegovina, che arruolava i suoi soldati nella regione di Mostar; i soldati bosniaci destavano curiosità e anche un po’ di timore con le loro uniformi ispirate alla tradizione ottomana; le giacche blu con i paramani e le mostrine rosse si accompagnavano a larghi pantaloni azzurri alla turca; ciò che più colpiva era il fez di feltro rosso. Negli edifici della Caserma Grande operò dal 1899 anche Franz Conrad von Hötzendorf, futuro capo di stato maggiore nella grande guerra e allora comandante della 55° Brigata di Fanteria Trieste; von Hötzendorf qui scrisse e firmò nel 1900 la prima edizione del suo Gefechtsausbildung der Infanterie, le norme per l’addestramento al combattimento della fanteria. Oggi della Caserma Grande, demolita nel 1927, rimangono solamente la così detta cella di Oberdan e la vera in pietra di un pozzo.

Poco prima della guerra del ’14 iniziarono i lavori per la Nuova Caserma: quella di Via Rossetti, pensata per allontanare i soldati dal centro. Oggi la Nuova Caserma, ribattezzata Vittorio Emanuele III, è in stato di abbandono e presto ne rimarrà un vago ricordo, accompagnato da altri suoni nel vento e da altre memorie.