La tv pubblica serba mette al bando il pluripremiato film su Srebrenica
Ancora vietata al grande pubblico di Belgrado la visione di “Quo vadis, Aida?”. I tabloid filo Vucic: «È un’opera antiserba»
BELGRADO. Un film pluripremiato, che racconta i giorni più sanguinosi che i Balcani vissero negli Anni Novanta, quelli del genocidio di Srebrenica, film applaudito e apprezzato in tutto il mondo. Ma al grande pubblico di un Paese della regione, quello serbo, viene “negata” la visione, perché alla sua classe politica quella pellicola non sarebbe gradita.
È il duro j’accuse, accompagnato da uno strascico di infuocate polemiche, che gira attorno a “Quo vadis, Aida?”, opera del 2020 della regista bosniaca Jasmila Zbanic, che attraverso la storia di Aida, una maestra diventata interprete dell’Onu nell’enclave protetta solo sulla carta dai caschi blu, ha raccontato la tragedia dei massacri del luglio del 1995, più di 8 mila maschi musulmani trucidati dai miliziani serbo-bosniaci agli ordini di Ratko Mladic.
L’opera, proiettata anche alla 77/ma edizione del Festival del cinema di Venezia, ha vinto premi nei maggiori concorsi internazionali tra il 2021 e il 2022, da Rotterdam a Gothenburg, arrivando agli Academy Awards (miglior film) e agli European Film Awards (miglior regia e miglior attrice protagonista) fino al Lux Award, il premio cinematografico assegnato annualmente a un film di produzione europea dal Parlamento europeo, premio consegnato nei giorni scorsi a Zbanic e a Munira Subasic, il volto più noto delle “Madri di Srebrenica”, da cui «ho tratto ispirazione, donne che hanno perso mariti e figli, che continuano a lottare per la verità, la riconciliazione», ha detto la regista ricevendo il premio.
Apprezzamenti, successo nelle sale e premi non hanno però fatto breccia in Serbia, dove il grande pubblico, a due anni dall’uscita del film, non ha ancora potuto vederlo. E dietro la scelta ci sarebbero ragioni politiche, ha sostenuto proprio Zbanic, intervenendo da remoto a una rarissima proiezione del suo film in Serbia, all’Afz di Novi Sad, mentre la prima fu a Novi Pazar, nel dicembre scorso. Nel 2006, ha ricordato la regista, il suo “Grbavica”, durissima pellicola sull’assedio di Sarajevo, fu proiettato a Belgrado e l’assenza di Quo Vadis Aida suggerisce che oggi «l’atmosfera è molto peggiore» rispetto a 16 anni fa. Ma ci sarebbe di più. Zbanic ha infatti rivelato che, nel corso di un dialogo con la Tv pubblica serba sulla possibilità di trasmettere il film su Rts, raggiungendo così praticamente l’intera Serbia, le sarebbe stato «informalmente» fatto capire che prima del via libera bisogna consultarsi addirittura con il presidente serbo Vucic. Ciò è «inaccettabile», ha detto la regista.
Parole che hanno sollevato un polverone, a Belgrado. Tabloid filogovernativi hanno così accusato la regista di essere autrice di un «film antiserbo» sul «presunto genocidio». E di «inaccettabile intromissione» nelle scelte della Tv di Stato. «Si tratta di un film di propaganda, nessuno deve trasmetterlo», ha fatto eco anche il regista ed esponente dell’ultradestra Dragoslav Bokan, citato dal tabloid ultranazionalista Informer, che ha paragonato la pellicola all’antisemita “Süss l’ebreo” dei tempi di Goebbels. Ma anche la Rts non ha gradito. La regista continuerebbe a fare «pressioni» improprie, addirittura sostenuta da ambasciatori stranieri, affinché il suo film venga trasmesso. Ma «a Rts non decidono né Zbanic né Vucic», ha rintuzzato la dirigenza della Tv di Belgrado.
La versione però convince poco. Non si capisce infatti perché, se veramente non ci sono pressioni politiche, i serbi non possano vedere «il miglior film europeo», si è chiesto Balsa Bozovic, presidente dell’Accademia per lo sviluppo democratico. E la diatriba è destinata a durare.