Liza, uccisa a quattro anni dai bombardamenti di Putin
«Mamma, sono in cielo, sono una nuvola. Guardando il mondo bianco dall’alto. Ci sono un sacco di ragazzi strani qui, quelli che non sono riusciti a salvarsi». Nella preghiera di ricordo su Facebook, amici e parenti hanno inventato uno straziante inno di addio. Liza aveva quattro anni, le sneakers bianche come i pantaloni, i capelli ben pettinati indietro e sorrideva, giovedì mattina, mentre spingeva il passeggino rosa sulla strada per la logopedista a Vinnytsia. Era una bimba ucraina con la sindrome di Down, una regina in lilla, che la mamma Irina Dmitrieva, 99 mila follower su Instagram, filmava e fotografava ogni momento, mostrandola come una piccola star. Una normalità speciale, raccontata nei post fin dalla nascita: «Tanti mi dicevano di non partorire, ma io vi presento il mio angioletto», si legge.
La vita di Liza è finita presto, sotto i colpi di un missile russo piombato là dove nessuno si aspettava, su un palazzo di uffici e centri medici di una città al centro dell’Ucraina, lontana dalle prime e dalle seconde linee, dalle trincee e dalla guerra di attrito dei due eserciti nel Sud e nell’Est.
Le sirene antiaeree erano suonate nella zona. I bimbi del centro LogoClub avevano fatto in tempo a radunarsi nei rifugi, ma madre e figlia, che si vedono comparire insieme mentre chiacchierano in un ultimo video delle 9,38, non sono riuscite a mettersi al riparo. I fotogrammi successivi sono uno strazio indicibile di morte: la piccola a terra, il suo corpo sventrato, il volto cadaverico. Il passeggino al fianco macchiato di sangue, sullo sfondo del centro commerciale Jubilee, incenerito dalle fiamme. La mamma è stata trasportata in ospedale, gravemente ferita. Le hanno amputato un arto. E chiede sempre di Liza. Ancora non sa che la bimba non c’è più: «È una tragedia terribile – commenta la logopedista Valeriia Korol, intervistata ieri dalla Bbc –. Come madre io stessa, non so come sia possibile dare a qualcuno una notizia del genere, semplicemente non lo so».
Altre ventitré persone sono morte nell’attacco russo di giovedì, otto sono ancora disperse, dieci gravi in ospedale. Morte là dove la propaganda del Cremlino dice che si annidavano soldati «fascisti», che discutevano dell’arrivo di nuove armi. Ieri, il ministero della Difesa russo ha rilasciato una dichiarazione sull’attacco, senza menzionare la morte dei bimbi. Ha affermato, piuttosto, che la Russia ha lanciato missili «ad alta precisione» e «colpito» una riunione di militari ucraini e funzionari stranieri, che discutevano di rifornimenti. Sul posto, però, i report dei media internazionali non riportano nessun indizio che confermi la versione di Mosca. Quello che è stato colpito è un edificio chiamato Casa degli Ufficiali in Piazza della Vittoria, ma l’unica caratteristica militare sembra essere il nome, che risale all’epoca sovietica.
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La storia di Liza, del LogoClub finito nel mirino di presunti razzi «ad alta precisione» russi e di altri giovani innocenti come Maksim Zharii, sette anni, morto insieme a sua madre Viktoriia, o di un altro ragazzo ancora senza nome, che aspettava lo zio in auto e che è stato carbonizzato, sono alcune delle immagini che ricorderemo per sempre, della guerra di Putin. «Liza era molto allegra, adorava venire da noi. Era una bambina molto gentile. Per sua madre, lei era l’intero significato della sua vita. L’amava follemente. Non riesco nemmeno a immaginare che dramma sia per la famiglia», spiega ancora la dottoressa. Che dirige il centro per bisogni speciali dove Liza doveva partecipare a un incontro quella mattina, come faceva quasi tutti i giorni. Madre e figlia erano tornate a Vinnytsia da Kiev, poco dopo lo scoppio della guerra. Per precauzione, perché la consideravano più sicura. Ma nessun posto è più sicuro in Ucraina.