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Июль
2022

Wärtsilä chiusa a Trieste, l’ex presidente Razeto in lacrime: «Un colpo durissimo. Tagliare una realtà solida è inspiegabile»

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TRIESTE Dice di aver pianto quando ha letto la notizia del rischio stop. Il peso dei ricordi, la stima per chi è venuto dopo di lui, la preoccupazione per i lavoratori. Sergio Razeto, di Wärtsilä Italia, è stato vicepresidente dal 1997, presidente e amministratore delegato dal 2003, con l’aggiunta, dal 2005, della carica di vicepresidente della divisione Motoristica del gruppo. Presidente fino al 2016, ma anche numero uno di Confindustria Trieste dal 2009 al 2020, Razeto commenta con amarezza e preoccupazione una vicenda che lo tocca molto da vicino.

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Razeto, un fulmine a ciel sereno?

«Per me sì. Una botta tremenda. Sapevo che c’era qualche difficoltà, ma non mi sarei mai aspettato una cosa del genere».

Si è dato delle spiegazioni? C’entra la congiuntura internazionale?

«Faccio veramente fatica a capire come si sia arrivati a questo punto. Ho ancora contatti con i vecchi amici, ma sono abbastanza lontano dalle informazioni più di dettaglio. Quello che posso immaginare è che i dirigenti della multinazionale finlandese intendano ridurre i costi per migliorare i risultati. Ma nutro più di un dubbio che ci riescano».

Per quali motivi?

«Vogliono chiudere un’unità efficiente, messa tutta sotto un unico tetto, con significativi risparmi già ottenuti. Una realtà efficientata dal nuovo management, da Andrea Bochicchio e da una squadra che ha portato innovazione e digitalizzato la fabbrica. Sono andato subito a vedere le quotazioni azionarie. Sono stati persi alcuni punti giovedì, nel giorno dell’annuncio, e se ne è guadagnato poi non più di mezzo. Il mercato non mi è sembrato entusiasta, e ciò è significativo».

Ha provato a mettersi nei panni dei finlandesi?

«Hanno costruito e vorranno concentrare tutto in patria. Ma credo non sarà facile. E soprattutto rinunciano a una sede al centro del Mediterraneo, davanti a un porto, con tanti elementi industriali positivi».

Tutto questo succede perché siamo davanti a una multinazionale?

«Quando si passa da una gestione che possiamo definire tecnica a una puramente economica, queste cose accadono».

Sono decisioni reversibili?

«La speranza è l’ultima a morire. Servono azioni forti. Il primo pensiero va a 450 famiglie che si trovano improvvisamente in grande difficoltà. E non dimentichiamo il valore enorme dell’indotto».

Chi è chiamato a muoversi in prima battuta?

«Sollecitate dai locali, tocca alle forze politiche nazionali. Mi è piaciuta la reazione ferma del presidente della Regione Fedriga, ma la partita è di livello governativo».

Un governo, però, in crisi.

«Siamo in una fase che sta subendo un’economia di guerra. Non mi faccia dire quello che penso sul tema di una crisi di governo inaccettabile. Auspico responsabilità».

I lavoratori in assemblea?

«Un segnale anche simbolico. Ognuno nel proprio ruolo, ma sono sempre stato vicino ai lavoratori. L’obiettivo è unico: far rendere l’azienda e far star bene le persone che stanno dentro. A loro va tutta la mia solidarietà».

Trieste deve fare autocritica? Mostra una scarsa attrattività come sostiene l’economista Sapelli?

«Wärtsilä non ha scelto Trieste perché attrattiva. Ha semplicemente trovato la fabbrica, l’ha ritenuta un’opportunità ed è venuta sul territorio. L’attrattività di Trieste, in questo caso, non c’entra. Dopo di che, in città, ma direi nell’intero Paese, l’industria non è tenuta più di tanto in considerazione. E invece lo dovrebbe essere, perché componente fondamentale dell’economia. Il turismo, che pure è industria, non può bastare. È lo stesso concetto degli investimenti che vanno diversificati: ci si deve muovere su più fronti».

Che tipo di industria per Trieste?

«Trieste non è la città dell’industria pesante. Ricordo che alcuni responsabili di ditte esterne in visita alla Wärtsilä mi dissero che gli sembrava di trovarsi in farmacia. Parliamo di un’industria snella, oggi digitalizzata».

Quale sarebbe l’impatto dell’addio?

«Durissimo. Ricordo che ai miei tempi avevamo tra gli 8 e i 10 mila visitatori all’anno in fabbrica. Il fornitore che si presentava all’ufficio acquisti, chi veniva alle prove dei motori, chi alle riunioni di gruppo. Gente che dà lavoro all’aeroporto, che spende in albergo e nei ristoranti, che si muove in taxi, che se ne va con i pacchi dei prodotti tipici del territorio. Business. Un guaio anche perdere questo tipo di movimenti. E poi c’è anche il valore aggiunto dell’esempio. Un’azienda della qualità della Wärtsilä educa e trascina le altre, fa da punto di riferimento, avvicina altri insediamenti».




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