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Июль
2022

A Lubiana la mostra della triestina Elda Piščanec: dipinse l’anima dell’Europa. Così la Slovenia riscopre l’artista di Roiano

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TRIESTE Una mostra che è la riscoperta di un’artista, triestina di nascita, slovena di famiglia e cittadina del mondo come poteva capitare a chi, come Elda Piščanec, era nata a fine Ottocento nell’Impero austroungarico e si era vista contendere il proprio territorio tra due guerre mondiali, inseguendo l’amore per la pittura tra Lubiana, Firenze e Parigi.

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La Galleria Nazionale di Lubiana le rende omaggio con un’importante retrospettiva curata da Sara Müller, che vede riunite ben 99 opere pittoriche e grafiche, con diversi inediti e molte opere provenienti da collezioni private. In particolare il suo straordinario lavoro grafico viene presentato per la prima volta quasi nella sua interezza mentre con l’ausilio di supporti multimediali vengono mostrate le sue opere di carattere sacro conservate nelle chiese come quelle di San Rocco a Sele e San Lorenzo a Stranice.

Elda Piščanec era nata nel quartiere di Roiano nel 1897, in una famiglia benestante dove il padre era funzionario delle dogane. Per un breve periodo risiede a Gorizia dove la famiglia si era trasferita per poi stabilirsi a Lubiana. Negli anni del liceo inizia a studiare pianoforte e si appassiona alla pittura tanto che il suo professore di disegno la presenta a Rihard Jakopič, tra i massimi pittori sloveni di scuola impressionista, che da allora diventerà il suo mentore.

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Nel 1917 trascorre qualche mese a Trieste per poi venir assunta come impiegata all’ufficio delle poste di Lubiana. Continua a coltivare l’amore per la pittura studiando con Peter Žmitek a Litija e pensando di iscriversi all’Accademia di Zagabria. Non superando l’esame di ammissione e sospettando che lì le donne non fossero gradite, decide di andare all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove dal ‘25 al ‘29, potrà seguire le lezioni di pittura di Felice Carena e quelle di incisione di Celestino Celestini, già maestro di un altro grande pittore sloveno di questo periodo quale Veno Pilon.

Proprio come Pilon anche Piščanec, verso la fine del suo percorso accademico, decide di andare a Parigi. Nella capitale francese studia all’Ateliers d’Art Sacré fondata nel 1919 dai pittori Maurice Denis e Georges Desvallières, frequentando anche la scuola di André Lhote a Montparnasse dove sperimenta la scomposizione cubista.

L’importanza di questo periodo formativo viene ricordato dalla stessa artista nei suoi diari dove, a proposito degli anni fiorentini, scrive di quando studiava «nudi per quattro ore al mattino e nature morte, incisioni e oggetti al pomeriggio», anche se, quando arrivavano le belle, assolate giornate di primavera preferiva dipingere en plein air assieme il compagno d’accademia Pedro Gomez, futuro protagonista del movimento muralista colombiano, dal quale coglie nuovi spunti per come trattare i colori nella tecnica dell’acquerello.

L’inverno trascorso a Parigi tra il 1928 e il ‘29 viene da lei definito come il momento culminante: «Ho assorbito tutto ciò che potevo della conoscenza francese in questo campo in un tempo relativamente breve. I francesi sanno spiegare la loro arte allo stesso modo in cui qualsiasi studioso può spiegare le sue dissertazioni. La sezionano da ogni parte e poi provano le loro argomentazioni, mentre con gli italiani è come se ogni artista fosse caduto dal cielo, anche se pure in Italia le spiegazioni non mancano». Già in questi anni di studi espone ripetutamente, specie a Lubiana, per poi intensificare la sua presenza alle mostre negli anni Trenta. Le sue opere grafiche e pittoriche vengono viste a Lubiana, Zagabria, Belgrado, Maribor, Sarajevo, ma anche Praga, Brno, Bratislava, Metz, Strasburgo, Copenaghen, Stoccolma, Göteborg e Oslo.

Tra gli anni Trenta e primi anni Cinquanta insegna disegno nelle scuole secondarie di Lubiana, Kranj, Murska Sobota e Trbovlje, lavorando pure come restauratrice per il museo civico di Celje e la Galleria Nazionale di Lubiana. Nel 1952 si trasferisce a Vinegrad, nella tenuta di famiglia, dove continuerà a lavorare e morirà nel 1967.

In mostra a Lubiana si possono vedere i dipinti più rappresentativi dei diversi periodi come le diverse nature morte, i vasi di fiori, i paesaggi toscani o del territorio sloveno. Molti sono i ritratti: tra questi la “Ragazza in abito estivo” (di proprietà della Galleria Nazionale, scelta a immagine della rassegna) e “Ragazzo di Tunisi” spiccano per l’intensità delle espressioni dei volti e la forza costruttiva del colore.

Gli autoritratti rivelano una malinconia e un’inclinazione riflessiva ritrovabili ancora in alcune pagine dei suoi diari le cui parole accompagnano il visitatore nel percorso espositivo.

La sezione grafica comprende disegni, acqueforti, acquetinte, xilografie a soggetto ritrattistico, paesaggistico o religioso.

Il suo stile è improntato al realismo ma non mancano influenze espressioniste volte ad accentuare le caratteristiche cromatiche e la sua alta capacità di introspezione psicologica. Un accento mistico è ravvisabile nelle opere di carattere sacro.

La mostra, aperta fino al 18 settembre, è completata da un breve video sulla vita dell’artista e un approfondito catalogo (in lingua slovena) con i testi di Sara Müller e Verena Koršič introdotti da Barbara Jaki, direttrice della Galleria Nazionale.




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