Omicidio Mollicone: il killer resta senza volto. Ilaria Cucchi alla famiglia di Serena: “Non mollate, ma il prezzo sarà alto”
«Non commento la sentenza finché non leggerò le motivazioni ma il dato che emerge oggettivo è che a 21 anni dai fatti non c'è ancora giustizia per Serena. Una sconfitta anche per lo Stato italiano che ha nella giustizia una delle sue funzioni cardine». Sono queste le parole dell'avvocato Dario De Santis, legale di Guglielmo Mollicone, il padre di Serena, deceduto nel 2020. Il killer della figlia resta infatti ancora senza volto: è il giorno dopo la sentenza con cui i giudici dell'assise di Cassino hanno assolto i cinque imputati coinvolti nell'indagine per l'omicidio della giovane di Arce, avvenuto nel 2001. Oggi è stata Ilaria Cucchi, sorella di Stefano - morto nel 2009 dopo essere stato pestato in una caserma – a mandare un messaggio alla famiglia Morricone: «A coloro che stanno cercando la verità sull'assassinio di Serena dico con tutto il cuore: non mollate mai e non smettete mai di credere nella Giustizia, anche se il prezzo che state pagando sarà altissimo, ma già lo sapete. Non so se augurarvi di fare la mia vita ma non si può dimenticare ciò che è stato fatto alla vostra bellissima ragazza. Siamo tutti condannati. Tutti noi». E ha aggiunto: «Un altro nome che evoca giustizia. Anzi ingiustizia».
Serena Mollicone, studentessa del liceo socio pedagogico di Sora, in provincia di Frosinone, è scomparsa il 1 giugno del 2001 ed è stata ritrovata cadavere due giorni più tardi in località Fonte Cupa, in un bosco. Per i familiari, i parenti, i vecchi amici ieri doveva essere il pomeriggio della verità, ma la sentenza della Corte d'assise del Tribunale di Cassino ha scritto un finale diverso, per molti sorprendente, spingendo ancora un po' di più questo 'giallo' nella lunga teoria dei misteri italiani irrisolti. Cinque imputati, tutti assolti: l'ex comandante della caserma dei Carabinieri di Arce, Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio Franco e altri due militari, il vice maresciallo Vincenzo Quatrale e l'appuntato Francesco Suprano. Per insufficienza di prove i Mottola, con formula piena gli altri due. I pm Beatrice Siravo e Maria Carmen Fusco avevano chiesto condanne pesanti, da 30 a 21 anni per i tre Mottola: «La famiglia è tutta coinvolta nell'omicidio di Serena Mollicone, così come la famiglia Ciontoli lo era nell'omicidio di Marco Vannini», il fil rouge dell'accusa. Ma evidentemente le prove raccolte non sono bastate a convincere la Corte delle responsabilità dei cinque.
La sorella di Serena: «Non sia dimenticata, merita giustizia»
«Non mi aspettavo una sentenza di salvezza per tutti e cinque. Adesso come familiari attendiamo le motivazioni e poi penseremo a come organizzare un'azione successiva. Non ci arrendiamo, Serena non deve essere dimenticata e merita giustizia». Così Consuelo Mollicone, la sorella di Serena. «Ieri sera sono andata via subito dopo la sentenza con i miei familiari - racconta -, ho preferito lasciare il Tribunale perché l'amarezza in quel momento è stata tanta». '«Erano state fatte delle indagini scientifiche – conclude -anche se nella ricostruzione c'era qualche lacuna dovuta al fatto che molte persone sono state reticenti a confermare le proprie dichiarazioni rilasciate all'epoca».
La figlia del brigadiere suicida: «C’è sconforto»
«Il giudice ha pronunciato la sentenza in nome del popolo italiano ma io posso dire adesso, dopo tutti i messaggi che ho ricevuto, che non ha parlato affatto in nome del popolo italiano e soprattutto non in mio nome'». Maria Tuzi, figlia del brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi, morto suicida nel 2008 dopo aver rivelato di aver visto Serena entrare in caserma il 1 giugno del 2001, parla all'indomani della sentenza di assoluzione per gli imputati nel processo. «C'è delusione, c'è sconforto - dice - c'è tutto quello che ho sentito ieri ma il giorno dopo è come se la pillola fosse stata addolcita dai messaggi di tante persone che ci stanno vicine e che ci hanno fatto capire che comunque non tutti la pensano come quel giudice». «C'erano le prove, occorreva valutare quelle prove, non le chiacchiere che sono state fatte alla fine - aggiunge - le prove scientifiche sono quelle che valgono, quelle che sono indistruttibili, non le puoi smontare in nessun modo. Evidentemente non si è avuto il coraggio. È vero che era un processo indiziario ma è pur vero che gli indizi c'erano».
Ilaria Cucchi: «Siamo tutti condannati»
«Quel che sappiamo è che che coloro che l'hanno uccisa non hanno ancora una identità scritta su una sentenza di condanna. Mi dicono che sono in molti a scrivere sul web il mio nome dicendo che 'ci vorrebbe Ilaria Cucchi'. Li ringrazio - ha proseguito la stessa Ilaria Cucchi - ma io sono stata soltanto e sono e sarò sempre la sorella di Stefano. È vero, non mi sono mai arresa. 13 anni di processi, oltre 150 udienze e 16 gradi di giudizio e non è ancora finita. Di fatto io e la mia famiglia siamo condannati ad un vero e proprio ergastolo giudiziario, anche se gli assassini di Stefano oggi sono ben noti e stanno in carcere. Non ho alcuna autorità per parlare di altri processi. Posso solo dire che da sola non avrei potuto fare nulla. Senza Fabio e poi tanti altri non sarei andata da nessuna parte».