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Июль
2022

Chiude “Residenza Fanny”, la casa delle famiglie dei ricoverati negli ospedali

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PAVIA. Per 14 anni è stata motivo di vanto per Pavia, ospitando migliaia di pazienti e loro parenti da tutta Italia. Ma a fine mese la “Residenza Fanny” di viale Brambilla 70/D sarà costretta a chiudere i battenti. La causa è il Covid che ha interrotto tanti viaggi della speranza da tutta Italia.

In memoria di Barbara

A fondare la residenza furono due genitori, Tullio Facchera e Antonia Cerqueira Dias, ai quali una malattia strappò la figlia, Barbara Fanny Facchera, morta un pomeriggio di Pasqua il 31 marzo 2002 a soli 20 anni. A inaugurare la struttura, il 13 dicembre 2008, fu l’allora vescovo di Pavia, monsignor Giovanni Giudici.

Da allora, Residenza Fanny, gestita dall’omonima onlus, ha accolto pazienti da tutta Italia e anche dall’estero, insieme ai loro cari, arrivati a Pavia per farsi curare al San Matteo, al Cnao e in altri ospedali cittadini. Una presenza media di 1.400 persone l’anno ospitate in trenta appartamenti.

Essendo una organizzazione senza fini di lucro, la struttura si è sempre retta sul contributo delle famiglie dei ricoverati; una media di 40/45 euro al giorno per bilanciare le spese e chiudere l’esercizio in pareggio. Poi è arrivato il Covid. L'emergenza sanitaria provocata dalla pandemia ha bloccato i viaggi della speranza di tanti pazienti. Così la struttura, gestita dai genitori e da Fulvio, fratello di Barbara Fanny, è passata dai 3.309 malati accolti nel biennio 2018-2019 (con gli accompagnatori si è raggiunto il numero di oltre 8.200 ospiti) ai soli 700 del 2020. E nei due anni successivi non c’è stata la ripresa auspicata.

«Noi abbiamo dato l’anima»

Tullio Facchera le ha tentate tutte per mantenere in funzione una residenza che, solo per gli affitti, costa 18.500 euro il mese. «Abbiamo provato con i bandi – racconta – e abbiamo ricevuto, rispettivamente, 20mila e 6 mila euro. Abbiamo lanciato una raccolta fondi». Non è servito neppure un incontro pubblico, con l’intervento di numerose autorità, svoltosi il 29 marzo 2021 nell’Oratorio del Carmine di Pavia. «A parole in tanti ci sono stati vicini ma in concreto abbiamo ricevuto davvero pochi aiuti, insufficienti per andare avanti», commentano con amarezza Antonia e Tullio che, a fine mese, dovranno licenziare anche gli ultimi due dipendenti rimasti. Si chiude il 31 luglio ancge se la struttura rimarrà in funzione sino al 30 agosto per assistere 10 famiglie ucraine. «Noi abbiamo dato l’anima», conclude Facchera. Non è bastato. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA




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