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Октябрь
2022

La musica e il rombo delle moto: amici e parenti hanno salutato Maurizio Durì, il manager morto sulla A4

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Al centro la sua fisarmonica e tutti intorno, stretti in un abbraccio, gli amici di sempre che questa volta suonavano solo per lui. Sul feretro anche il suo casco da motociclista con il numero 46 e la maglietta di “Quella mezza sporca dozzina”. E, dopo le note, un lungo applauso accompagnato dal rombo delle moto per dire ciao. Ciao Maurizio.

Se n’è andato in un attimo Maurizio Durì, strappato alla vita martedì 18 ottobre mentre era al volante della sua automobile e stava tornando a casa dalla moglie Anna Masutti e dalle tre figlie.

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Un attimo e la Bmw è finita addosso a un Tir che trasportava grossi tronchi d’albero. Le centinaia di persone che domenica 23 ottobre hanno voluto dare l’ultimo saluto a Durì molto probabilmente sono arrivate con negli occhi l’immagine terribile delle lamiere contorte intrappolate sotto al mezzo pesante.

Ma sono bastate poche note e quell’abbraccio per mettere da parte almeno per un attimo il dolore e ricordare Maurizio Durì come avrebbe voluto lui: con la musica e con il sorriso.

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Maurizio Durì aveva solo 48 anni ma, come ha ricordato la moglie «era una persona eclettica e curiosa». Quando si appassionava a qualcosa ci si dedicava anima e corpo.

Era tante cose insieme Maurizio. Padre e marito, musicista e motociclista, infermiere prima e manager poi. Sempre con il sorriso, spinto da uno sfrenato ottimismo grazie al quale riusciva a trascinare tutti.

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«Dopo aver frequentato la scuola infermieri, ha lavorato per anni, sempre in sala operatoria, prima all’ospedale Santa Maria della Misericordia e poi al policlinico Città di Udine - ha raccontato nei giorni scorsi la moglie Anna Masutti -. A un certo punto ha deciso di cambiare e di aprire uno studio privato di riflessologia plantare e chinesiologia, a Buttrio, suo paese d’origine. Una decina d’anni fa ha iniziato a lavorare per una multinazionale americana, la Smith & Nephew».

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In pochi anni, da rappresentante è diventato capo area. Ieri due colleghi hanno preso la parola per condividere un ricordo: «La parola che più lo rappresenta è fare. Per lui i problemi erano quasi un punto di appoggio da cui lanciarsi per trovare nuove soluzioni e fare di più.

Molte volte, anche quando noi dicevamo che una cosa era impossibile, lui ripeteva con un ottimismo a volte anche incomprensibile che si può fare, si può fare tutto. E poi trovava il modo per farlo senza mai prevaricare gli altri».

E ancora: «Era simpatico ed empatico, lavorare con lui era un piacere. Già ci manca».

Alle parole i musicisti di Quella mezza sporca dozzina, accompagnati anche da quelli della Discostajare street band e dai Bandaròs, hanno preferito le note, ma un pensiero lo hanno voluto comunque condividere.

«Nelle band come le nostre si dice sempre che tutti sono utili e importanti, ma nessuno indispensabile ed è vero. Ma Maurizio invece era indispensabile. D’ora in poi ci sarà sempre un buco tra noi».

Invece dei fiori la moglie, presidente di Agedo, associazione di genitori, parenti, amici di persone Lgbt, ha invitato a partecipare a una raccolta fondi per un ragazzo amante della musica e impegnato nello studio della fisarmonica. Un modo per «lasciare una traccia del grande amore di Maurizio per la musica». —

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