Le maestranze della Antonio Carraro in sciopero. Da mesi chiedono, con Fiom e Fim, l’apertura di una trattativa per il ripristino del contratto integrativo, annullato unilateralmente dall’azienda nel 2017. Per i sindacati la disdetta dell’integrativo ha determinato una perdita di retribuzione per i 261 lavoratori assunti dopo il 2017 rispetto ai 263 che già lavoravano. I nuovi assunti non percepiscono la quattordicesima né il premio di produzione, per loro solo il contratto nazionale.
«Disparità inaccettabile fra chi lavora gomito a gomito con stesse mansioni e stesso impegno» dicono i sindacati. «L’azienda, dopo diversi scioperi interni, si è seduta al tavolo e ha proposto di trasformare in welfare parte del premio di produzione dei lavoratori assunti prima del 2017 per poi redistribuire il risparmio dei costi contributivi e fiscali ai nuovi assunti. Non è disposta a tirare fuori un euro, a pagare sarebbero i lavoratori: inaccettabile».
Un welfare che, oltretutto, non interessa: «A chi ha una famiglia o un mutuo serve liquidità altro che un programma ludico» dice la Fim. La proposta dell’azienda è stata rigettata, i sindacati hanno chiesto una discussione per istituire un premio aziendale legato a obiettivi tenendo conto dell’aumento del fatturato, passato da 70 milioni del 2017 ai 130 di oggi e in prospettiva di arrivare a 150 in 6 anni.
«Come risposta dall’1 gennaio hanno aumentato il costo della mensa da 0,26 centesimi a 2,60 a testa, pari a oltre 500 euro all’anno in più di spesa per ogni dipendente. L’Antonio Carraro negli ultimi sei anni è arrivata a un utile di 18,2 milioni di euro, gli operai realizzano 22 trattori al giorno e all’anno si raggiungono 33.340 euro di valore aggiunto che viene prodotto da ognuno dei 436 dipendenti (al netto del loro costo) per un totale di 14.536.240 euro di guadagno per l’azienda» ribattono Fiom e Fim.
«Bene hanno fatto i lavoratori ad uscire dai cancelli e dire ai cittadini cosa accade dentro le fabbriche. Da tempo l’azienda persegue la strada della divisione dei lavoratori per massimizzare i profitti creando una spaccatura generazionale» hanno detto Loris Scarpa e Anna Zanoni (Fiom) e Luca Gazzabin (Fim). «Questo è solo il primo passo di una protesta che continuerà e si allargherà con il sostegno di i metalmeccanici della provincia. L’azienda si dichiara disponibile a trattare, ma la loro proposta mira esclusivamente a togliere soldi in busta paga ai lavoratori, sia con il “welfare” sia con il rincaro della mensa». Nessuna replica da Liliana Carraro, l’esponente della famiglia Carraro che oggi detiene il 50% dell’azienda.
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