Mestre, si suicidò a 42 anni: marito a processo per maltrattamenti
L’uomo è accusato di aver picchiato per anni la consorte, mamma di quattro figli, che si tolse la vita sotto a un treno
Lei ha deciso di morire a 42 anni, lanciandosi sotto un treno in transito nella stazione di Mestre: era il 27 giugno 2021. L’accusa ora mossa al marito è spaventosa: aver picchiato la moglie così spesso, per così tanti anni, da portarla al suicidio. La coppia aveva 4 figli.
Una vicenda sulla quale sarà la Corte d’Assise, con la giuria popolare, a decidere se vi siano o meno responsabilità dell’uomo. Lunedì 13 febbraio, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Giorgio Gava, la giudice per le udienze preliminari Maria Rosa Barbieri ha infatti rinviato a giudizio l’uomo, un cittadino moldavo da molti anni residente con la famiglia a Mestre.
L’accusa è quella di maltrattamenti in famiglia, nella declinazione più grave prevista dal codice. Il capo di imputazione descrive una vita d’inferno: «Perché con condotte reiterate, maltrattava la moglie, in particolare picchiandola con frequenza quasi quotidiana con pugni e calci (anche al volto), tanto da farla precipitare in uno stato di profonda prostrazione che la induceva, infine, a suicidarsi, facendosi investire da un treno. Reato aggravato dall’essere dal fatto derivata, quale conseguenza non imprevedibile, la morte della vittima».
Un’ipotesi di reato per la quale il codice prevede una condanna - qualora venisse confermata dalla Corte - «con la reclusione da dodici a ventiquattro anni».
L’inchiesta è nata dalle indagini seguite al suicidio: ai poliziotti, alcuni parenti hanno raccontato che era depressa, perché picchiata spesso dal marito. Lei non aveva mai denunciato nulla, né ci sono certificati medici che attesterebbero le botte subite.
È per questo che la difesa - rappresentata dall’avvocato difensore Leonardo De Luca, dello Studio Simonetti - replica alle accuse sostenendo che si tratti di racconti passati di bocca in bocca, ma senza testimonianze dirette: la signora morta l’avrebbe detto a una figlia, che l’avrebbe raccontato a una zia. Per la difesa, non c’è nessun nesso dimostrato tra i presunti maltrattamenti (che il marito nega) e il suicidio della moglie, che sarebbe stato annunciato con una terribile video chiamata della donna alla figlia: «Mi sto per ammazzare», dopo aver lasciato a casa una lettera nella quale chiedeva «scusa» per la sua decisione.
Una vicenda tragica, sulla quale sarà chiamata a decidere la Corte d’Assise.