Lo smart working non è per tutti: utilizzato nelle grandi aziende, le piccole realtà non lo attivano
UDINE. Salire in auto e affrontare il traffico cittadino fino all’ufficio. Oppure connettersi dal proprio computer, nel salotto di casa. E svolgere le stesse mansioni, ma in modo più sostenibile, e conciliando meglio l’impegno lavorativo con la propria vita privata.
Lo smart working, da soluzione emergenziale, potrebbe essere una nuova risorsa per il Friuli Venezia Giulia. Ma, perché ciò sia possibile, serve un cambio di strategia: politiche del lavoro mirate e policy innovative, senza lasciare indietro le piccole imprese.
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È con questi obiettivi che nasce il primo report sul lavoro agile in regione, presentato lunedì 13 febbraio, a Trieste, dall’assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen, e realizzato in collaborazione con l’agenzia Lavoro e SviluppoImpresa.
Una nitida fotografia dello stato normativo dello smart working nel Fvg e del suo impatto economico, sociale e ambientale sul territorio, al fine di studiare nuovi interventi che possano favorire e tutelare uno strumento che, ha rilevato Rosolen, incide significativamente sulla vita privata e sull’attività professionale.
Negli ultimi tre anni, infatti, la qualità delle condizioni lavorative si è imposta come questione centrale.
Lo smart working, che ha rappresentato nelle fasi più acute della pandemia una soluzione dettata dalle contingenze, anticorpo alla paralisi totale delle attività produttive, si è poi rivelato nodo centrale in temi di conciliazione e di sostenibilità lavorativa.
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Durante l’emergenza sanitaria, il 54% delle aziende ha agevolato il lavoro da remoto, fornendo software e connessioni, sebbene una percentuale significativamente inferiore sia intervenuta sugli orari di lavoro e sulla formazione finalizzata al lavoro agile.
E il fenomeno non sembra destinato a sparire: lo smart working rimarrà, o sarà introdotto, nell’89% delle grandi imprese, e in particolare nella categoria dei servizi. Una piccola-media impresa su due, tuttavia, dichiara che non attiverà programmi di lavoro agile in futuro, spesso per mancanza di risorse appropriate.
In tal senso si inserisce il vademecum realizzato dall’università di Udine, destinato a lavoratori e datori di lavoro, perché possano valutare le esigenze ma anche le opportunità che l’introduzione del lavoro agile offre. L’impatto che questo nuovo paradigma di lavoro ha avuto sulla vita privata dei lavoratori è stato infatti sostanziale.
Il 74% degli intervistati ha affermato che con lo smart working è riuscito a seguire meglio i propri figli, mentre il 63% ha risposto di aver offerto, grazie al lavoro agile, una migliore assistenza a un parente anziano in condizioni di fragilità.
La sostenibilità sociale ed economica si affianca, poi, a quella ambientale. Il 67% degli intervistati dichiara infatti di raggiungere il proprio posto di lavoro in auto. Il 21% afferma, peraltro, che la distanza casa-lavoro rappresenta un elemento di difficoltà: economica, per il crescente costo del carburante, ma anche legata alla gestione del tempo.
Lo smart working si è infine rivelato un’opportunità per l’attrazione di talenti.
La regione, non a caso, è stata selezionata tra le 20 destinazioni mondiali per i cosiddetti nomadi digitali, ovvero quei professionisti di alta fascia che scelgono il lavoro da remoto. —
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