Doloso l’incendio di via Borelli all’Arcella: i sospetti su un ingegnere residente
L’esito della consulenza di un super esperto nominato dalla Procura ha stabilito che non si è trattato di un incidente
Nessuna fuga di gas. Nessuna causa accidentale. È dolosa l’origine delle fiamme, seguite da un’esplosione, nel terzo piano del palazzo in via Luigi Borelli 1 all’angolo con via Cardinal Callegari nel quartiere Arcella.
Erano le 16 dell’8 marzo scorso. Sul caso il pm padovano Roberto D’Angelo ha aperto un’inchiesta per incendio doloso, al momento a carico di ignoti. Tuttavia il sospetto è nei confronti di un ingegnere straniero che ha affittato una delle stanze dell’appartamento dove il fuoco è divampato.
L’inchiesta
Un fuoco che sarebbe stato “acceso” proprio nella sua camera da letto. Il motivo? Tensioni con gli altri tre inquilini (due italiani e un altro straniero) dovute al fatto che il professionista non sarebbe risultato un ospite ordinato e pulito, fonte di odori piuttosto sgraditi al punto da suscitare continue lamentele da parte degli altri.
Da qui – è sempre l’ipotesi alla quale stanno lavorando gli inquirenti – una reazione da parte dell’ingegnere forse per vendetta, forse per uno scherzo di cattivo gusto senza valutare le possibili conseguenze di quel gesto. Un gesto che avrebbe potuto provocare danni maggiori all’immobile e alle persone.
Tuttavia l’interessato, che pure è stato interrogato alcuni giorni fa e messo di fronte ad alcune contestazioni, ha negato con decisione ogni addebito.
All’indomani dell’incendio il pm D’Angelo ha affidato un incarico tecnico al veneziano Giampietro Zucchetta, chimico e fire investigator, chiamato da procure e tribunali di mezza Italia a far chiarezza sull’origine e sulle cause di incendi sospetti.
L’esperto ha accertato che le fiamme sarebbero di natura dolosa. E, in particolare, risulterebbero partite da una stanza, quella occupata dal professionista.
Immediatamente è stato sentito – come persona informata sui fatti – l’unico inquilino che risultava presente quando il fuoco si è propagato, anche lui straniero: l’uomo, che era rimasto ustionato a una mano e al volto, ha escluso di essere stato l’autore del reato.
Poi è stato sentito l’ingegnere nella cui camera da letto il focolaio era iniziato. Lui ha respinto ogni accusa. Tuttavia, al momento, i sospetti guardano a lui pur non risultando, per ora, iscritto nel registro degli indagati.
L’incendio
È il pomeriggio dell’8 marzo nell’edificio in via Borelli che, al piano terra, ospita il negozio Tigotà. Un fumo nero, denso e irrespirabile, esce da uno degli appartamenti al terzo piano. In quest’ultimo alloggio i residenti trovano rifugio in terrazza per chiedere aiuto: le scale interne sono completamente “annebbiate” dal fumo. In pochi minuti sul posto intervengono i vigili del fuoco con autogrù e autobotti.
E scatta l’operazione di sgombero per portare in salvo molti inquilini, tra cui una coppia di anziani. Arrivano anche gli agenti della polizia di Stato e quelli della polizia locale, incaricati di far defluire il traffico, molto intenso a quell’ora in via del Plebiscito.
Ben nove persone sono trasferite in ospedale (sette adulti e due bambini) anche se quasi tutte vengono dimesse subito, mentre l’appartamento al quarto piano, sopra la stanza dove si è sviluppato il fuoco, viene dichiarato inagibile (l‘incendio provocherà pure un’esplosione). E i residenti sono costretti a trasferirsi momentaneamente altrove. Ma il bilancio poteva essere peggiore.