Old Wild West, la sconfitta dei rimpianti
Un gran peccato, perché l’Apu perde a Verona 77-69 non riuscendo ad approfittare a dovere di un avversario in difficoltà specie nel secondo quarto quando non difendeva ancora alla morte. Peccato, anche perché il remake della finale di due anni fa si è giocato tra pochi intimi.
Verona dopo la sbornia della Seria A è forte, ha un coach valido, ma la piazza è scottata dalla retrocessione ed è tiepidina. E solo questo dovrebbe far riflettere: andare in paradiso è dura, restarci lo è ancor di più e se non ci resti l’effetto boomerang è dietro l’angolo.
Praticamente metà di chi va in campo e in panchina è un ex con Caroti ed Esposito, però, unici superstiti in campo della finale incubo (per l’Apu) del 2022. A maglie invertite. Ma da quei giorni è ambiato il mondo.
La trentina del Settore D si fa sentire, c’è terreno vergine per incidere anche con i decibel a palazzo dove c’è una costante: la voce gracchiante della speaker. Vertemati si gioca la carta Clark dalla panchina, con Arletti (bravo) subito in campo.
Palle perse, superficialità, errori in tiri anche ben costruiti per Udine: invece la truppa di Ramagli, reduce da un ko e partita malino, andava sorpresa non accarezzata. Della serie si doveva fare di più 14-12 Apu a fine primo quarto, bene al solito la difesa, così come Clark e Caroti. C’è pure un cameo-stoppata di Vedovato.
Clark inizia a giocare. Verona difende, ma soffre e sbaglia tanto, peccato che l’Apu sia troppo imprecisa da fuori per scappar via. Sarà il peccato mortale. Vertemati infatti capisce che così rischi di tirare su dal bordo del fossato il rivale. Time-out.
E poi segnatevi: tripla di Arletti, Da Ros, siluro di Caroti, ora sì che Udine salta sopra le difficoltà di Verona: per due volte va a +13. Gioca bene l’Apu. Signori, ecco un allenatore che incide. Siamo a cinque metri da lui, il valtellinese dà sempre dimostrazione di lucidità nelle scelte. E in campo si vede. Schiaccione di Arletti (ottimo). All’intervallo Udine è avanti 34-26 solo perché tira 2 su 8 da 3 e perché l’ex Penna sveglia un po’ i suoi al minuto 19. Non sarà un dettaglio. Anzi.
Si riparte e, purtroppo per Udine, cambia la musica. Verona ora è decisa, precisa, tosta in difesa, Devoe entra in partita. Delia là sotto soffre. Tira aria di sorpasso scaligero. Questione di intensità. Si rianima anche il palazzo. L’Apu avrebbe bisogno di Delia (male), Alibegovic, Gaspardo, Monaldi.
Invece è Penna, che con Udine da tre non la metteva mai, ad accelerare. Un’Apu barcollante si trova sotto di 6 (45-39) e si gioca il bonus subito consentendo a Verona, che difende fortissimo, di muovere il tabellone dai liberi senza troppa fatica.
“La gente come noi non molla mai” cantano i friulani. Ikangi, Caroti, Monaldi, Clark, anche Gaspardo. Non fosse per quella tassa sui liberi. Fine terzo quarto: 55-55 con un incredibile e pesantissimo fallo a Monaldi che ha visto solo l’arbitro che gliel’ha fischiato. L’Apu perde intensità e lucidità, la difesa scaligera è un rebus.
Verona torna avanti di 6 (61-55), anche di 7 (65-58). Si comincia a sentire quel retrogusto amaro di occasione persa. Perchè Udine torna sempre sotto, non molla mai anche con prima tripla e poi magata di Alibegovic o una provvidenziale stoppata di Ikangi, ma a conti fatti perde per un paio di rimbalzi in attacco concessi, un paio di liberi sbagliati da Monaldi, un tiro uscito di un niente da Clark a 1’20” dalla fine.
E soprattutto per un ex ingrato, Lollo Penna che a 1’ dalla fine in pratica mette il canestro ddella vittoria . Che gran peccato.