Poliziotto gestiva un giro di squillo a Treviso. Nel 2019 candidato con FdI, diceva: «Stop prostituzione»
Trentadue anni trascorsi sognando una divisa, prima da giovane come istruttore di vela e bagnino poi, dopo il diploma di perito marittimo, da allievo ufficiale di coperta e da poliziotto.
Ivan D’Amore aveva ben in testa i suoi obiettivi e sognava anche la carriera politica tentata in prima battuta nel 2019 tra le fila di Fratelli d’Italia a Preganziol, la città in cui viveva ormai da anni dopo il trasferimento dalla sua Sicilia (era nato a Messina).
Curatissimo, attentissimo alla presenza, D’Amore si era candidato per la coalizione di centrodestra alle ultime elezioni amministrative di Preganziol dov’era considerato «giovane promettente e pieno di entusiasmo».
I 111 voti presi dopo la campagna elettorale non gli avevano permesso di entrare in consiglio ma non gli avevano fatto perdere l’entusiasmo che lo ha visto scendere in campo anche negli ultimi mesi al fianco di campagne per la sicurezza dei cittadini e contro la prostituzione, reato che oggi lo vede al centro dell’indagine della Squadra mobile di Treviso.
«Essere leader non è facile, unire più anime, unire mondi e pensieri, coalizzare un gruppo oggi come oggi con impegni e bisogni non è per tutti» scriveva su facebook lo scorso febbraio affiancando il suo pensiero alla foto di uno degli ultimi banchetti di Fratelli d’Italia a cui aveva partecipato.
Uno di cui fidarsi. Viso pulito, divisa sulle spalle, una moglie, una figlia, una laurea in scienze politiche e relazioni internazionali conseguita all’università di Roma (precisamente alla Università Telematica Unicusano) e una carriera in polizia raggiunta dopo aver fatto gavetta più volte come “volontario in ferma fissa” – prima a Roma poi a Venezia – poi alla questura di Alessandria, al gabinetto interregionale di polizia scientifica di Padova e all’ufficio di gabinetto di Venezia per l’ordine pubblico.
Di lì l’approdo, nel 2016, all’ufficio di frontiera dell’aeroporto Marco Polo di Venezia, ultimo impiego conosciuto prima della «sospeso da tempo» evidenziata venerdì dalla questura di Treviso.
Ma di quella sospensione nessuno pare sapesse. E lui di certo non ne aveva fatto menzione nel suo profilo social, dove uno degli ultimi post era il volantino della commemorazione delle vittime delle foibe del 10 febbraio scorso a Preganziol.
Cittadino modello, militare e poliziotto impegnato. Così si presentava ai più, con la speranza un domani di arrivare a contare anche sulla scena politica forse. «Seguirò Fratelli d’Italia» aveva detto dopo il 2019, «che voglio portare in crescita anche a livello comunale e riuscire a creare anche a Preganziol un circolo forte per attirare i giovani trasmettendo loro i sani ideali». Un progetto in vista delle prossime elezioni dove sperava di ottenere ben altri risultati. Il posizionamento è stata sempre una sua strategia, anche nel lavoro. Contava il grado, il ruolo, l’influenza.
Non a casa forse era arrivata per lui anche la nomina a delegato al 9° Congresso Provinciale del Sap, il sindacato di polizia. Quello stesso sindacato che ieri, per bocca del neo segretario provinciale Paolo Casagrande applaudiva l’operato dei colleghi trevigiani: «Il Sap si congratula con i poliziotti della Squadra Mobile, che all’alba hanno concluso una intesa ed esaustiva attività che ha reso possibile il termine di una attività delittuosa come lo sfruttamento della prostituzione. Ricorda che la provincia di Treviso con le sue poche risorse in organico e soprattutto alla Questura, ancora una volta ha prevalso sulla criminalità! Dispiace che un agente dello stesso corpo sia reo del fatto, in un momento non bello per la Polizia di Stato! E che i fatti avvenuti coinvolgano provincie così vicine e confinanti».
Che il collega fosse stato anche un delegato sindacale forse non era ancora noto.