«Ecco come Artusi è finito in un mio giallo»: Marco Malvaldi sabato pomeriggio al Ghislieri
foto da Quotidiani locali
PAVIA. Avete mai assaggiato un tiramisù con i maccheroni al posto dei savoiardi? «Se la risposta è no, non mi stupisce affatto» ammette Marco Malvaldi, scrittore, chimico e sperimentatore di ricette. “Il tiramisù sbagliato”, con crema al mascarpone, caffè e un ingrediente alquanto inatteso, è una sua ricetta, coperta dal diritto d’autore.
Un tema che ricorre anche nel racconto che ha pubblicato per Sellerio nella raccolta “Giallo in cucina” dove i vecchietti del bar Lume sono alle prese con un caso di plagio di una particolarissima pietanza, il maiale con gli occhi a mandorla. Malvaldi ne parlerà sabato 13 aprile, alle 15, al collegio Ghislieri nell’ambito della rassegna “Quel che passa il collegio”.
“Sale in zucca” è il secondo evento della rassegna . Un ciclo, partito lo scorso dicembre, dedicato all’alimentazione e al rapporto fra territorio, scienza e storia. Sabato 13 aprile, alle 11, si comincia con la visita guidata con il rettore Alessandro Maranesi al giardino del Ghislieri (posti esauriti). Ingresso libero invece per le tre conferenze del pomeriggio, in programma dalle 15 alle 18. Si parte con l’Antipasto e con Marco Malvaldi che parlerà del libro “Giallo in cucina”, seguirà l’intervista di Carlo Gariboldi a Luca Cesari su “Storia della pizza e della pasta” e concluderà il pomeriggio Carlo Alberto Redi sulla carne coltivata.
Malvaldi, lei è l’antipasto dell’evento “Sale in zucca”, lo sapeva?
«Sarà un piacere. Dialogheremo di cibo, ma anche di royalties che ormai, parlando in finanziese, sono valori strettamente legati al mondo della cucina. Già una ventina d’anni fa Gualtiero Marchesi “denunciò” un suo allievo, reo di avergli copiato il risotto con la foglia d’oro. L’autorialità va riconosciuta, nessuno ci aveva mai pensato prima, è un tema nuovo».
Nel 2011 in “Odore di chiuso” ha portato il gastronomo italiano per eccellenza, Pellegrino Artusi, sulla scena di un crimine.
«La scelta di Artusi è nata un po’ per caso. Volevo ispirarmi ai grandi umoristi britannici per un romanzo ambientato nell’800, ma l’editore mi costrinse a ripiegare su un personaggio italiano “con grande senso dell’umorismo”. E allora chi meglio di Artusi?»
Ne aveva?
«Altroché. Nella ricetta 431 del suo libro descrive la preparazione del Cavolfiori colla balsamella. Scrive che i cavoli bianchi, neri, gialli o verdi, sono figliuoli o figliastri di Eolo, dio dei vento. E quindi, si capisce, non sono adatti a una cena raffinata».
Pare che i chimici (come lei) siano anche bravi ai fornelli? E’ una coincidenza?
«Affatto. C’è molta affinità. Soprattutto nel mondo della pasticceria, che non perdona. Ha due elementi fondamentali: uova e zucchero. Prendiamo l’uovo: è un ingrediente complesso, l’albume coagula a 61 gradi, il tuorlo a 68. Nello spazio in mezzo succedono molte cose. Cotto a 62 gradi l’albume è sodo e il tuorlo morbido, a 68 sono entrambi cotti . La chimica come la pasticceria ti insegna a fare i conti con precisione su dosi e temperature, ad esempio».
Altro binomio che ricorre nei suoi libri: cucina e investigazione.
«Anche in questo caso li lega la direzione. Un uovo sodo non può tornare crudo e allo stesso tempo un investigatore non può tornare indietro nel passato. E non sempre prove e testimonianze sono efficaci, dipende da come sono raccolte».
A un suo personaggio fa dire: “In nessun posto come a tavola si avviano buoni rapporti tra i popoli”.
«È vero. A tavola ti rilassi, ti siedi con qualcuno e ti stai fidando, che non ti avvelenerà. Dai tempi di Lucrezia Borgia sappiamo che non è scontato farlo. Anche la presa di potere di Putin ha un po’ rimesso in discussione le cose. Lo stesso vale per il vino: abbandoni i freni inibitori».
Il cibo può essere uno strumento di comunicazione universale?
«Non abbiamo bisogno di sapere come è fatta una ricetta per apprezzarla. A meno che non si vada in luoghi ricercati siamo più o meno in grado di capirla e a volte anche di replicarla».
Chi cucina a casa vostra?
«Cuciniamo insieme ma separati. Mia moglie Samanta (Bruzzone, scrittrice, ndr) si dedica ai dolci perché è una precisetti, io mi occupo del salato. L’unico piatto che cronometro è la carbonara perché il punto di fusione della crema deve essere preciso: 62 gradi».
La sua “Madeleine”?
«I fagioli con le salsicce perché quando ero piccolo me li facevo preparare da mia mamma mentre guardavo i film con Bud Spencer e Terence Hill».
E nel cassetto ha qualcosa?
«Il 30 aprile esce”Non c’è un cane”, libro per ragazzi scritto a quattro mani con mia moglie. E sempre con lei sto lavorando al seguito di Chi si ferma è perduto. Dovrebbe intitolarsi La regina dei sentieri e uscirà a settembre».
Nuovi progetti per la tv?
«ehm... non ho sentito bene la domanda. No, mi scusi, è per scaramanzia».