Elon Musk, l'imperfetto futurista
Colonizzare Marte, trasferire robot, diffondere ovunque l’intelligenza artificiale e tanti altri progetti fioriti dal puro talento. Elon Musk punta al domani e a qualche decennio da oggi, facendo sfornare alle sue aziende oggetti avveniristici già pronti per quel che sarà. O meglio: per quel che dovrebbe essere secondo lui.
Vivere per sempre, con la mente trapiantata nello scheletro di un robot, ma sentirsi di continuo a rischio estinzione, minacciati da un’intelligenza artificiale turbolenta e ribelle. Essere connessi ovunque, fino all’angolo più remoto del mondo, senza averne davvero bisogno perché qualcun altro, verosimilmente una macchina, si occuperà di guadagnare al posto nostro, lasciando agli umani il privilegio dell’ozio, la licenza dell’accidia. Smettere non solo di lavorare, ma anche di guidare, tanto le auto, taxi compresi, andranno con il pilota automatico. Così come i razzi, i veicoli per diventare territorialmente esosi, per non accontentarsi della Terra, perché lassù tra le stelle ci sono pianeti da esplorare e abitare.
Il futuro secondo Elon Musk, declinato nei destini delle sue aziende, è la proiezione in avanti di una personalità strabordante: uno squilibrio degli opposti, un teorema degli estremi, un’inappuntabile schizofrenia. Un quadro ai confini del vero che, pur dilatandone il potenziale, ne ossequia le leggi con una riverenza ossessiva. Perché l’imprenditore non rispetta le regole della finanza e delle relazioni interpersonali, ma s’inchina a quelle della fisica, le uniche che sa di non poter sconvolgere. È su queste norme che poggia la tensione di mutare in probabile il quasi impossibile. Musk non vende sogni, ma ardimentose realtà.
Lo racconta Walter Isaacson nella monumentale biografia che, come titolo, si fa bastare il nome e il cognome del personaggio. Per il resto è un diluvio di pagine, un delirio di aneddoti raccolti in presa diretta: Elon Musk, tradotto in Italia da Mondadori, segue il librone dedicato all’altro guru della tecnologia, Steve Jobs. E ne evidenzia le differenze: se il padre di Apple era maniacale nel design, Musk controlla l’ingegneria e la manifattura, sovrintende i dettagli più infimi dei suoi prodotti. La sua smisurata ambizione è, per prima cosa, un atto di consapevolezza. Il riflesso di una mania del controllo. «Sa trasformare la fantascienza in scienza fantastica» riassume Jacopo Perfetti, co-fondatore e docente di «Prompt design», il primo corso in Italia sull’intelligenza artificiale generativa. Proprio l’Ai che fa cose è l’ultimo giocattolo di Musk, il più seducente e pericoloso: ieri la odia, sostenendo che ci spazzerà via, oggi la ama, ci investe, promette di portarla nel mondo a costo zero o abbordabile.
«Può distribuirla nelle auto elettriche, nei robot, in tutti i suoi business. È un grosso vantaggio competitivo» aggiunge Perfetti, che sottolinea i rischi di tale scenario: «Se davvero sta adoperando i contenuti pubblicati negli anni su X (l’ex Twitter da lui comprato, ndr) per istruirla, l’intelligenza artificiale può diventare controversa quanto i messaggi che circolano sul social network. Sarebbe lo specchio della personalità di Elon». Così, qualora i computer un giorno dovessero imbizzarrirsi, schiacciarci e dominarci, avranno persino un alibi: sarà perché nutriti da pillole di rabbia, rancore, aggressività e altre bassezze emotive. Musk lo intuisce e non sembra curarsene: è un «solopreneur», nel senso di imprenditore egocentrico, come lo ha definito Reid Hoffman, il co-fondatore di LinkedIn. In un’intervista al quotidiano The Washington Post ha spiegato che secondo Musk l’unica Ai in grado di funzionare è quella che si farà da solo. Cova un atteggiamento alla Luigi XIV: lo Stato sarà lui. Mentre Sam Altman, l’inventore di ChatGpt, ha rincarato la dose rilevando come mister Tesla voglia disperatamente che il mondo si salvi, ma se potrà prendersene il merito.
La modalità escatologica è naturalmente singolare, coincide con un miracolo potente e distopico: l’Ai diventerà onnipervasiva, instancabile, totalizzante. «Disporremo di qualcosa che, per la prima volta, sarà più intelligente dell’uomo più intelligente. Arriverà un momento in cui non ci sarà più bisogno di lavorare» ha affermato Musk di fronte al primo ministro britannico Rishi Sunak. Figuriamoci di cosa potrà mai discutere con Vladimir Putin, quando i due si sentono al telefono. L’intelligenza artificiale, nella sua visione, non sarà una stampella dell’umanità, ma un accessorio della coscienza: l’imprenditore è convinto che potremo scaricare - ha usato letteralmente il termine «download» - il nostro cervello in un robot. Mantenendo intatta la personalità che ci connota, vivendo potenzialmente per sempre: «Non saremo più nel nostro vecchio corpo» ha spiegato «ma potremo conservare le nostre memorie». È una convinzione che si completa con il suo contrario: i chip inseriti nel cervello, il pensiero aumentato attraverso un impianto di tecnologia. È la missione della sua ennesima società, Neuralink, l’apripista della mente con il doping. «Rappresenta la possibilità» dice Perfetti «di combinare la velocità computazionale di una macchina con il nostro intelletto».
Sono le prove generali di un superuomo. La prospettiva incanta e terrorizza, ma è una conseguenza dell’attualità: «La tecnologia che consente di sopravvivere o vivere bene è un fatto scontato. Pensiamo agli occhiali, ai microinfusori per i diabetici» ricorda Francesco Billari, rettore dell’università Bocconi di Milano e autore del saggio Domani è oggi (Egea). «Anziché guardare al lungo periodo, dovremmo concentrarci sulla progressività. Su quelle innovazioni che, un passo alla volta, hanno aumentato la longevità negli ultimi cento anni». È un invito alla normalità di fronte al quale Musk tende a girarsi dall’altra parte, impegnato a spararla grossa o a spiare il cielo: lo spazio è la sua grande mania, quella per cui si stava irrimediabilmente rovinando, riversando capitali nel buco nero di SpaceX che all’inizio non prendeva quota, oggi è il braccio operativo della Nasa.
Ancora a inizio aprile, sul palco di un sito di lancio in Texas, ha ribadito che il suo obiettivo è «rendere la vita multi-planetaria», preconizzando un atterraggio su Marte, senza equipaggio, entro i prossimi quattro anni. Un piano criticato da vari scienziati interpellati dalla rivista Business Insider, che hanno parlato di «vandalismo cosmico», perché con questo colonialismo intergalattico si andrà ad alterare ecosistemi ancestrali e delicatissimi. Per giunta, senza un motivo pressante: «La convinzione che la Terra non basti all’umanità è un mantra di cui già scriveva l’economista Malthus nel 1798» sottolinea Billari. «Il nostro pianeta è in grado di contenerci. Sostengo il lato scientifico dell’esplorazione spaziale, ma dobbiamo ricordare che non è una necessità legata alla sopravvivenza. Almeno, non nell’immediato. Però non è detto che trasferirsi su Marte possa essere una risposta sufficiente alle sfide climatiche».
Al boss di Tesla, comunque, il contraddittorio interessa poco o nulla: bullizzato da piccolo, da adulto ha fatto di un’aggressività istrionica la sua arma di rivincita. Come ha scritto il giornalista premio Pulitzer Ronan Farrow, non desidera essere parte dello spettacolo, vuole essere lo show: così, più volte al giorno regala un qualche annuncio. Uno degli ultimi è che ad agosto arriveranno i taxi elettrici robot. In prospettiva, non solo con flotte ad hoc, ma attraverso vetture di gente comune che, anziché rimanere parcheggiate quando non servono, potranno scarrozzare altri passeggeri paganti. Inutile aggiungere quanto la notizia possa fare piacere agli autisti di Uber e dei taxi tradizionali. Ma il fine, per Musk, prevarica i mezzi. Con la sua Starlink sta portando internet veloce in tutto il mondo, con la possibilità di cancellare facilmente l’abbonamento come siamo abituati a fare con i servizi in streaming. Il segnale arriva via satellite, dunque raggiunge i punti più impervi; resiste se scoppiano calamità naturali o durante le guerre. Così, il magnate sudafricano ha trovato un’ulteriore opportunità per estendere la sua influenza, acquisendo un ruolo di sostanza nei conflitti, dove una comunicazione tempestiva è essenziale. È già successo in Ucraina. È l’ennesima innovazione che, nelle sue mani, si trasforma in un superpotere.
Cresciuto sui libri dedicati agli eroi immaginari, ha deciso di provare a essere tutti loro. È diventato letteratura senza rimanere sulla carta, tracciando un solco nei nostri destini. Il domani secondo Elon Musk, futurista imperfetto, apprendista profeta, stregone tecnologico, è un culto della personalità. Un lungo tributo al suo ego.