Hervé Koubi, giocare con la morte: al Fraschini la sua danza “fusion”
foto da Quotidiani locali
Sarà il coreografo francese Hervé Koubi, già Cavaliere delle Arti e delle Lettere e distintosi per un percorso artistico di integrazione e fusione di tecniche e linguaggi, a concludere sabato alle 20.30 la stagione di danza del Fraschini.
Artista di fama internazionale
Francese di origine algerina, Hervé Koubi si è guadagnato una fama internazionale combinando danza urbana e contemporanea con coreografie ispirate e originali. Il suo spettacolo "Sol Invictus" è un inno a prendersi gioco della morte danzando. Si celebra, attraverso la danza, l’energia vitale che dobbiamo trovare dentro di noi per affrontare le nostre paure. Attraverso ‘incontri danzati’ viene riscoperta questa unione di popoli e culture al di là di ogni considerazione di appartenenza etnica, culturale o religiosa.
Sul palco tutta l’energia vitale dei danzatori, provenienti da ogni continente su una creazione musicale di Mikael Karlsson e Maxime Bodson, e opere del repertorio di Steve Reich e Beethoven. «Non importa quanto sia profonda l'oscurità, dobbiamo portarvi la nostra luce. Da questo spazio, legato a ciò che è la vita, delimitato da un inizio e da una fine, il destino per tutti noi sarà lo stesso. E io, di fronte a tutto questo, danzo –spiega Koubi – la danza riunisce e unisce. La danza va oltre i confini umani e geografici, va oltre i confini dei codici del balletto e della danza contemporanea e urbana».
Infatti la Compagnia ora conta ballerini francesi, italiani, brasiliani, svizzeri, americani, taiwanesi oltre a quelli, tunisini, marocchini e algerini, ma anche danzatrici. Il gesto è ancora "terreno", ma meno marziale, lo stile è aereo. Hervé Koubi, infatti, desidera tessere un'opera di danza più raffinata, assecondando le molteplici personalità del nuovo gruppo di danzatori.
La partitura musicale è composta da composizioni di Mikael Karlsson e Maxime Bodson, da opere del repertorio di Steve Reich (Quattro Sezioni) e dalla Sinfonia n. 7 in la maggiore Op. 92 di Ludwig van Beethoven. Un ruolo importante è riservato alla scenografia; al centro trova posto infatti una grande tela dorata, simbolo del sole. Spiega ancora Koubi: «Sol Invictus non si riferisce solo al dio romano del sole, ma anche ad un rituale che celebrava – a metà inverno – il trascorrere dei giorni più bui, anticipando giorni migliori e più soleggiati. E quella celebrazione, quella speranza, per me è proprio ciò di cui parla Sol Invictus».