Juliette Binoche, innamorata «cotta»
«Ho sempre amato stare ai fornelli», racconta a Panorama Juliette Binoche. «E talvolta lo faccio ancora per i miei figli (Raphaël Halle, 30 anni, e Hana Magimel, 24, ndr). È soprattutto per loro che ho imparato a eseguire ricette veloci. E forse è anche per il mio rapporto con la cucina che ho accettato questo ruolo». L’attrice, che lo scorso 9 marzo ha compiuto 60 anni, mantiene intatta quella sensualità che, insieme al talento, l’ha resa una delle dive più ammirate di Francia. È infatti una cuoca provetta ne Il gusto delle cose, la pellicola di Tran Anh Hung, tratta dal romanzo La vita e la passione di Dodin Bouffant, gourmet di Marcel Rouff, e presentata allo scorso Festival di Cannes dove ha vinto il premio per la regia. Il film uscirà il 9 maggio al cinema. Siamo nel 1885 ed Eugénie (Binoche) cucina ormai da vent’anni per il famoso gastronomo Dodin Bouffant (Benoît Magimel), che invita gli amici gourmand e benefattori nel proprio château per far loro assaggiare le sue creazioni e disquisire di stufati, abbinamenti con i vini, cibi e salse. L’uomo e la donna sono legati da qualcosa di più che la passione per il cibo e la sua preparazione, ma il loro amore non è mai stato suggellato dal matrimonio perché la donna non vuole privarsi della propria libertà.
Lei e Benoit Magimel siete stati legati dal 1998 al 2003 e dalla relazione è nata vostra figlia Hana. Com’è stato ritrovarsi?
Non ci vedevamo da vent’anni e all’inizio non potevo credere di trovarci, non solo nella stessa stanza, ma addirittura sul set di un film. Una volta superato lo shock, per così dire, ci abbiamo riso su insieme e abbiamo iniziato ad aiutarci: il mio desiderio era che Benoît, un attore straordinario, desse il meglio di sé in questo film e a un certo punto ho inteso che anche lui voleva per me la medesima cosa. Alla fine abbiamo capito che questo film poteva essere non dico una riconciliazione, ma una sorta di lascito cinematografico per nostra figlia Hana. Qualcosa che dimostrasse come siamo ancora capaci di fare qualcosa insieme per lei.
Nel film ci sono tante riprese di voi due impegnati a cucinare. È stato difficile mettere in scena tutta quella manualità da cuochi provetti?
Come le dicevo so tagliare le verdure, cuocere la carne e mettere in tavola diverse preparazioni, anche se ora ho un aiuto in casa perché tra viaggi e tanti film non ho molto tempo per stare ai fornelli. Certo non sono uno chef e non avrei mai potuto preparare quelle pietanze, ma per fortuna ad aiutarci sul set è venuto il braccio destro di Pierre Gagnaire, cuoco stellato che ha preparato il menù del film, insieme alla sua brigata di aiutanti. La difficoltà semmai è stata causata dal fatto che mi sono preparata in sole due settimane, a causa di precedenti impegni.
Il regista ha dichiarato che tutti sul set non smettevano di mangiare…
È vero, ma soltanto Benoît e gli altri attori. Io dovevo stare a dieta, per interpretare Coco Chanel (nella serie The New Look, disponibile su Apple Tv+). Però vedere quelle ricette realizzate con prodotti selezionatissimi mi ha fatto pensare a una cosa.
Che cosa?
Che a quell’epoca in cui il cibo non era diventato ancora industriale, le persone - anche quelle meno abbienti - potevano ancora mangiare qualcosa di sano. Oggi, invece, bisogna difendersi dalla grande distribuzione e dai fast food che spesso ti avvelenano con prodotti realizzati con ingredienti di scarsa qualità o animali che sono stati allevati in condizioni disumane. Oggi purtroppo si punta sulla quantità e non sulla qualità, ma così facendo ci si rovina la salute. È per questo che io sono molto scrupolosa nello scegliere accuratamente quello che mangio.
Diceva di Coco Chanel. È stato difficile interpretare una tale icona?
Mi sono dovuta dimenticare della figura pubblica e avvicinarmi a lei e così ho telefonato a persone che l’avevano conosciuta e ho letto numerosi libri. Quando si è così celebrati come Coco è facile dimenticarsi del fatto che tutti hanno debolezze e lati oscuri e lei sicuramente ne aveva (è stata accusata di collaborare con i nazisti, ndr), ma scavando ho scoperto che il suo carattere era stato forgiato da un’infanzia tristissima.
Vale a dire?
Una sua sorella era morta quando era piccola e un’altra si era suicidata. Poi quando aveva 11 anni era morta anche sua madre e poi il padre abbandonò la famiglia: una storia quasi alla Charles Dickens. Era povera e sarebbe stato più facile per lei finire a fare la cameriera, ma fu straordinaria non solo perché riuscì ad affermarsi, ma con la moda liberò le donne, affrancandole dai corsetti e facendo loro indossare i pantaloni. Per questo quando Dior si affacciò sul proscenio introducendo nuovamente i corsetti, Coco si infuriò.
Lei ha lavorato con registi magnifici in film straordinari: Krzysztof Kieslowski in Tre Colori - Film Blu, Anthony Minghella ne Il paziente inglese, Lasse Hallström in Chocolat, solo per citarne alcuni. Cosa la spinge a scegliere un ruolo?
Spesso è perché voglio lavorare con un regista di cui ho amato i precedenti film, come è stato nel caso di Tran Anh Hung: non è solo una persona piacevole, ma ha uno sguardo sulle cose diverso da tutti gli altri. In altri casi accetto perché sento che correrò un rischio e rischiare è fondamentale per sentirmi viva come attrice. Solo scegliendo con il cuore so che, anche se il film non sarà pienamente riuscito, non me ne pentirò mai.