Lelio Luttazzi, per sempre mulo matto
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Il pianista Danilo Rea giovedì protagonista al Verdi di Trieste del concerto "Cent’anni di genialità” con l’Orchestra del Teatro diretta da Pietro Mianit
TRIESTE. Pianista jazz, direttore d’orchestra, compositore, attore, autore, showman televisivo e molto altro ancora, Lelio Luttazzi è stato artista geniale ed eclettico. Nella natia Trieste ha studiato e mosso i primi passi di una straordinaria carriera che, con il trasferimento a Milano, lo ha visto protagonista della rinascita artistica italiana dopo gli anni bui della guerra, artefice di spettacoli di successo, canzoni indimenticabili e divulgatore musicale efficace come pochi. Quest’anno ‘el mulo Lelio’ avrebbe spento cento candeline più una e per festeggiarlo come si conviene la Fondazione Teatro Lirico Verdi insieme alla Fondazione Lelio Luttazzi e il sostegno della Regione ha organizzato un concerto-omaggio in cui si contestualizza il suo milieu musicale attraverso un programma che propone la grande musica americana di Gershwin e Bernstein accanto a pagine jazzistiche di svariata provenienza. L’evento dal titolo “Cento anni di genialità - Concerto per Lelio Luttazzi” è stato presentato al Ridotto dal sovrintendente Giuliano Polo e dal direttore artistico Paolo Rodda e si terrà al Teatro Verdi giovedì alle 20, protagonisti l’Orchestra della Fondazione diretta dal maestro Pietro Mianiti e il pianista jazz Danilo Rea.
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«Luttazzi fa parte di quei personaggi che hanno avuto grande peso nella mia vita artistica – ha dichiarato Rea – soprattutto all’inizio, quando mi ispiravo a lui che era un grandissimo pianista ma anche un artista di una gentilezza e di un understatement che ha quasi dell’incredibile. Quando ho iniziato a suonare da ragazzo, accendevo la tv e nei grandi show Luttazzi era sempre presente e grazie a lui poi arrivavano artisti del calibro di Errol Garner, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, erano tempi magnifici in cui c’erano tanta musica e cultura nella televisione».
Lo ha mai conosciuto personalmente?
«Lelio Luttazzi è un artista che ho amato molto in quanto grandissimo pianista ma che è stato anche regista, attore, presentatore, divulgatore dotato pure di grande sense of humor. Ho avuto la fortuna di conoscerlo molti anni fa a un concerto jazz in cui cantava Gino Paoli e poi ho suonato con Massimo Morriconi che è stato per anni il suo contrabbassista. Qualche tempo fa ho anche aderito a un tributo organizzato da sua moglie al quale avevano aderito tantissimi musicisti e poi ne ho parlato proprio di recente con Massimiliano Pani, che mi ha raccontato di aver partecipato da ragazzino a una cena alla quale erano presenti Luttazzi, Trovajoli, Gianni Ferio, praticamente il Gotha della musica italiana dell’epoca».
Tecnicamente lei ha tratto ispirazione dal suo modo di fare jazz o ha intrapreso altre strade?
«Tecnicamente ho suonato e suono in un modo diverso, nel senso che lui è molto più rapsodico di me ed è molto più legato, ovviamente per l’età, ai grandi pianisti del jazz come Art Tatum, Oscar Peterson, Errol Garner, quelli che ovviamente abbiamo studiato tutti noi ma lui proprio nasce da quel filone specifico, da quei grandissimi pianisti secondo me inarrivabili. Io invece sono passato da McCoy Tyner che era il pianista di John Coltrane a Bill Evans, che è stato il mio faro per tutta la vita».
E oggi cosa rappresenta il jazz?
«Il jazz è cambiato nel tempo, è diventato qualcosa di diverso. Una volta piaceva ai contemporanei, oggi corre il rischio di chiudersi in una gabbia dalla quale non riesce più a uscire, in quanto considerato troppo tecnico ed ermetico. C’è il rischio di allontanare il pubblico, al contrario di quello che accadeva con Luttazzi, che prima suonava, poi spiegava e tutti apprezzavano. Era sicuramente molto comunicativo e questo è un esempio per tutti noi».
A quale omaggio musicale ha pensato per il concerto di giovedì?
«Vorrei riuscire a fare una specie di medley dove metterò alcuni brani di Luttazzi, altri che abbiamo inciso in un disco e altri ancora che vengono dal suo repertorio basato sulla tradizione americana di Cole Porter e Gershwin. Ma farò anche musica italiana, perché non dobbiamo dimenticare che Lelio stava accanto a Mina e agli altri grandi cantanti della nostra tradizione, per cui inserirò delle citazioni che sono cronologicamente adeguate e mirate alla figura di questo grande personaggio».