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Май
2024

Vertenza rider di Trieste, indennizzi da 10 mila euro per nove fattorini di Uber Eats

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TRIESTE Un indennizzo fra 8 e 10 mila euro per aver svolto un lavoro a tutti gli effetti subordinato pur essendo inquadrati come autonomi. Lo hanno appena ricevuto 9 rider che lavoravano per Uber Eats, recapitando al domicilio dei triestini pizze, hamburger e sushi.

Il primo passo è stato il riconoscimento da parte del Tribunale del Lavoro di Milano del rapporto di subordinazione e dunque il diritto a un indennizzo. A ciò è seguita la transazione fra la multinazionale e i sindacati Nidil, Filcams e Filt della Cgil, che hanno seguito le migliaia di fattorini coinvolti nella vertenza a livello nazionale.

Dalla firma dell’accordo di conciliazione – la vertenza riguarda altri 7 rider triestini che stanno ancora attendendo si chiuda la conciliazione – Uber Eats ha 40 giorni per versare quanto pattuito.

La vertenza che ha portato alla decisione del Tribunale è stata avviata – a Trieste l’impegno è stato portato avanti dalla Nidil Cgil con il segretario generale Nicola Dal Magro e il delegato per il coordinamento rider nazionale Giovanni Manca – dopo che lo scorso 15 luglio Uber Eats ha sospeso le consegne in Italia, lasciando senza lavoro 40 rider triestini.

L’azienda era presente nel nostro paese dal 2016 e dal 2018 a Trieste. La scorsa estate ai fattorini in servizio era arrivata una mail in cui Uber Eats spiegava come, visti i risultati insoddisfacenti, aveva deciso di concludere l’operatività della app Uber Eats in Italia, interrompendo così i rapporti contrattuali.

Un fulmine a ciel sereno per i lavoratori, la cui situazione era aggravata dal fatto di essere obbligati a operare con partita Iva o con un rapporto di prestazione occasionale, senza diritto ad ammortizzatori sociali.

Il Tribunale di Milano, riconoscendo il carattere antisindacale della condotta di Uber Eats Italy srl, ha stabilito che la multinazionale americana non poteva disconnettere dalla piattaforma i propri fattorini senza prima avviare con le organizzazioni sindacali le procedure di informativa e confronto previste in caso di delocalizzazione. Il giudice ha imposto al colosso del food delivery di ripristinare le condizioni lavorative e avviare un serio confronto che consenta ai rider di accedere agli ammortizzatori sociali. La multinazionale però ha lasciato l’Italia.

«Questa vertenza – così Manca – rappresenta un passo significativo nella nostra battaglia contro l’ineguaglianza lavorativa e l’exploitation. Per la prima volta, siamo stati capaci di dare voce a una categoria di lavoratori finora trascurata e trattata come lavoratori di serie b».

La somma che riceveranno i rider – l’azienda inizialmente aveva avanzato proposte tra i 400 e i 1.500 euro – è «significativamente superiore a quella inizialmente proposta da Uber Eats», spiega Manca ricordando «l’impegno più ampio della Cgil, che include le iniziative come la raccolta firme per l’abolizione del Jobs Act».




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