“Quella foto che ritrae me con Chico Forti, intanto, non è stata fatta col mio cellulare perché l’ho consegnato alla polizia penitenziaria, come da regola. Ho chiesto il permesso alla direttrice, mica faccio le foto da solo. E non eravamo in un’area protetta ma nell’area Matricola del carcere, che è una zona assolutamente non protetta”. […]
“Quella foto che ritrae me con Chico Forti, intanto, non è stata fatta col mio cellulare perché l’ho consegnato alla polizia penitenziaria, come da regola. Ho chiesto il permesso alla direttrice, mica faccio le foto da solo. E non eravamo in un’area protetta ma nell’area Matricola del carcere, che è una zona assolutamente non protetta”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24) da Andrea Di Giuseppe, il deputato di Fratelli d’Italia entrato nel ciclone delle polemiche per essersi fatto immortalare abbracciato a Chico Forti in una immagine che lui stesso ha pubblicato sul suo sito ufficiale e sui social.
Eletto nel partito di Giorgia Meloni in Centro e in Nord America, Di Giuseppe segue da 5 anni il caso giudiziario del 65enne trentino, tornato la scorsa settimana in Italia, dove finirà di scontare la condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Dale Pike avvenuto nel 1998: “Mi occupo della vicenda di Chico Forti da prima che fossi eletto deputato. Rispetto ovviamente le sentenze di un paese sovrano, ma rispettarle non significa condividerle, quindi conosco bene il caso e sono convinto dell’innocenza di Chico Forti. Tra l’altro – rivela – in questi 5 anni sono andato sempre a trovarlo nel carcere di massima sicurezza di Miami e anche lì ci sono foto, come normalmente faccio“.
Poi entra nel dettaglio del pomeriggio di domenica, quando si è fatto fotografare assieme a Forti nell’istituto penitenziario di Verona-Montorio, scatenando la reazione indignata dell’ex deputata del Pd, oggi consigliera comunale di Verona, Alessia Rotta, che ha commentato: “Inaccettabile che si faccia una foto del genere all’interno di un carcere, dove è proibito usare i cellulari“.
Ma non è mancata anche la reazione contrariata del Sindacato della polizia penitenziaria, il cui segretario generale Aldo Di Giacomo ha dichiarato che “il carcere non è un palcoscenico nel quale star possano fare il loro show e avere trattamenti e benefici di grande riguardo”.
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