Ucraina, il governo Meloni tiene il punto: no all’uso di armi italiane in territorio russo. Ma non può controllare come vengono impiegate
La “dottrina Stoltenberg” sembra trovare sempre più consensi tra gli alleati della Nato. Una settimana fa il segretario generale dell’Alleanza Atlantica aveva dichiarato che le armi fornite a Kiev da parte dei Paesi membri dovevano essere impiegate per colpire obiettivi “sensibili” all’interno del territorio della Federazione Russa. Quindi, secondo il segretario, si dovrebbero togliere le restrizioni che vengono imposte, dalla Nato, circa l’utilizzo dei sistemi d’arma contro le truppe russe. Londra, Parigi e Washington erano già d’accordo sulla escalation del conflitto, gli altri Paesi dell’Alleanza, gradualmente, si stanno allineando. Ma non il governo italiano che, attraverso le dichiarazioni dei suoi ministri della Difesa, Guido Crosetto, e degli Affari Esteri, Antonio Tajani, sembra mantenere una posizione fermamente negativa alla proposta di Soltenberg. Pur continuando a inviare armi agli ucraini, l’Italia non vuole che vengano usate contro il territorio russo. Ma c’è da chiedersi: gli ucraini rispettano veramente le restrizioni imposte dai fornitori sull’impiego degli armamenti?
Sembrerebbe proprio di no. Almeno a giudicare dagli attacchi effettuati in territorio russo negli ultimi giorni, con l’impiego dei missili tattici MGM-140 ATACMs Block I lanciati dalle piattaforme HIMARS, ma anche i razzi a guida Gps GMLRS accreditati di una gittata massima di 150 chilometri. Tali attacchi non sarebbero stati possibili senza l’assistenza militare statunitense, la quale provvede a guidare gli ordigni sugli obiettivi in territorio russo. In che modo? proprio grazie all’utilizzo del sistema a guida Gps che è direttamente collegato ai satelliti americani e, quindi, controllabile in tempo reale dal Dipartimento della Difesa di Washington. Impossibile per Kiev, quindi, nascondere agli americani l’utilizzo delle proprie armi al di fuori del teatro ucraino.
Gli altri paesi dell’Alleanza, invece, non hanno idea di come vengano impiegate le armi che forniscono. L’Italia, nonostante si dichiari contraria a una ulteriore escalation del conflitto, prosegue con il sostegno incondizionato a Kiev. Recentemente il Parlamento ha deciso per l’invio di un altro pacchetto d’aiuti all’Ucraina, contenente anche i missili superficie-aria SAMPT (Aster-30) a medio raggio. Questi, molto probabilmente, andranno a integrare la difesa aerea della capitale. Altro discorso riguarda i missili da crociera Storm Shadow (Scalp EG), utilizzati dai caccia bombardieri Sukhoi Su-24, con un gittata massima di oltre 500 km. Anche questi missili hanno un doppio sistema di guida, inerziale (INS) e GPS, per resistere meglio alle contromisure elettroniche (EW). Pur non potendo fare un’integrazione ottimale sui velivoli di epoca sovietica, lo Storm Shadow rimane un’arma strategica a lungo raggio, il cui utilizzo sfugge al controllo di Roma e ricade sotto quello di Washington.
Il governo Meloni, nonostante il suo diniego a una escalation del conflitto, così come propone il segretario generale della Nato, non esercita quindi alcun controllo circa l’utilizzo dei sistemi d’arma inviati all’Ucraina, i quali possono essere lanciati contro il territorio della Federazione Russa senza che il Parlamento italiano ne sia a conoscenza. Questo nonostante le promesse e le prese di posizione dell’esecutivo.
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