Rave party nell’area demaniale a Fontaniva, non è reato: archiviata l’inchiesta
Erano finiti sotto inchiesta in 74 – il più vecchio classe 1979, il più giovane nato nel 2002 – con l’accusa di invasione arbitraria di un terreno boschivo demaniale senza alcuna autorizzazione pubblica. Tutta colpa di un rave party pubblicizzato sui social e finito all’alba del 29 agosto 2021 con l’arrivo dei carabinieri della Compagnia di Cittadella nel bosco demaniale di Santa Croce Bigolina, nell’area golenale del fiume Brenta.
A quasi tre anni di distanza inchiesta chiusa e archiviata. Lo ha deciso il gup padovano Domenica Gambardella che non ha ravvisato alcun reato a carico dei partecipanti.
Insomma, nessuna arbitraria invasione dei terreni di proprietà del demanio. Il giudice si rifà alla giurisprudenza in materia e scrive: «Un costante orientamento giurisprudenziale restringe tale nozione di turbativa del possesso (cioè quella di invasione dei terreni altrui) a quella che realizzi un apprezzabile depauperamento delle facoltà di godimento del terreno... secondo quella che è la destinazione economico-sociale del bene...».
Dalla teoria al caso specifico, la spiegazione è semplice: «Gli indagati hanno utilizzato un’area demaniale non delimitata da alcuna barriera, destinata all’utilizzo da parte della comunità che vi può accedere liberamente al fine di passeggiare lungo il fiume Brenta. Tali finalità» osserva ancora il giudice nel suo provvedimento, «non sono state in alcun modo precluse né vi è stato alcun depauperamento del terreno in questione, nemmeno mediante l’abbandono di rifiuti che, al contrario, sono stati raccolti in appositi sacchi come riportato dai rapporti della polizia giudiziaria».
Raduno festoso, dunque, nel rispetto dell’ambiente. In più il rave party era previsto per quell’unica notte: «Per sua stessa natura si è trattato di un evento occasionale» sottolinea il giudice, «non si può certo ritenere che i partecipanti intendessero dare inizio a un possesso (inteso del terreno) che superasse il limite temporale di tale serata».
Da qui la decisione di mandare in archivio il procedimento penale perché il fatto non costituisce reato per quanto riguarda nove indagati; perché il fatto non costituisce reato per gli altri 65.
Il pubblico ministero Benedetto Roberti aveva chiesto pure l’archiviazione giustificandola con «la particolare tenuità del fatto»: i comportamenti messi in atto avrebbero violato le norme penali ma non sarebbero risultati così gravi da meritare un procedimento e il rischio di un processo. Diverso il punto di vista del giudice. Soddisfatti i legali che hanno difeso gli indagati, tra loro gli avvocati Jacopo Mulato, Leonardo Massaro, Giovanni lamonica, Pietro Sartori, Pierilario Troccolo.
Alle 4 di mattina del 29 agosto 2021 alcuni abitanti della zona avevano tempestato di chiamate la centrale operativa dell’Arma, lamentando una musica a tutto volume. Era scattato il blitz dov’era in corso il rave party, bloccando le vie di accesso, poi lo stop alla festa e l’identificazione dei partecipanti tra le loro proteste: «Non facciamo nulla di male, siamo solo amanti della musica techno... Non stiamo dando fastidio a nessuno».
Il rapporto delle forze dell’ordine, trasmesso in procura, aveva dato il via all’indagine.