Processo Jannacopulos, avanti con il giudizio: «No eccezione di nullità, reato ben specificato»
Avanti con il processo. L’accusa formulata nel decreto, ha valutato il giudice, è sufficientemente specificata e non c’è spazio per l’eccezione di nullità. Quella con protagonista Giovanni Jannacopulos, di Rosà, l’82enne patron del polo televisivo Medianordest (Reteveneta, Antenna 3 e altre emittenti) si preannuncia una battaglia in tribunale senza esclusione di colpi. Se ne è avuto prova il 6 giugno a Vicenza, alla celebrazione della seconda udienza.
Difeso dall’avvocato Maurizio Paniz, è accusato di aver perseguitato il direttore generale dell’Ulss 7, Carlo Bramezza, difeso dall’avvocato Marco Zanon (ieri sostituito dalla collega Elisa Pollesel), con la messa in onda di oltre 40 servizi televisivi, oltre ad averlo minacciato in varie occasioni.
Secondo la Procura, rappresentata dal sostituto procuratore Gianni Pipeschi, che ha coordinato le indagini della Guardia di finanza di Bassano, Bramezza sarebbe stato bersaglio di una campagna mediatica organizzata ad arte dopo il suo rifiuto di assecondare alcune richieste dell'imprenditore.
Le indagini, sfociate nel 2022 con il divieto di esercizio dell’attività di impresa giornalistica nei confronti dell’imputato, provvedimento annullato in sede di ricorso, hanno rilevato come il patron delle tv avrebbe esercitato potere assoluto sulla scelta dei servizi mandati in onda dall'autunno del 2021, come pure avrebbe avuto un ruolo primario nelle presunte minacce al dg Bramezza.
Dal canto suo, l’imprenditore ha sempre sostenuto di aver esercitato il legittimo diritto di cronaca e critica.
Il 6 giugno, alla seconda udienza dibattimentale, il giudice Giulia Poi ha rigettato l’eccezione di nullità che era stata sollevata ad aprile, in apertura di processo, dall’avvocato Paniz. «Non c’è alcuna chiara evidenza del fatto che l’imputato sia innocente – le parole del giudice – e pertanto rigetto l’istanza e dispongo che il procedimento vada avanti».
Paniz, in particolare, aveva fatto leva sull’indeterminatezza dell’accusa, chiedendo la nullità del decreto che dispone il giudizio in quanto «non sarebbero chiare quali sarebbero le plurime occasioni in cui l’imputato ha commesso l’illecito».
Il giudice ha così motivato: «L’imputazione contiene con adeguata specificità i tratti essenziali del reato, in modo da consentire un completo contraddittorio, anche a tutela della difesa».
Il giudice Poi, nonostante il parere contrario dell’avvocato Paniz, ha autorizzato l’emittente televisiva Tva Vicenza a documentare il processo, pur con delle restrizioni, in ragione dell’interesse sociale rilevante e della risonanza avuta dai fatti, anche per i ruoli ricoperti da imputato e parte offesa.
È stato notevolmente sfrondato il numero dei testimoni ammessi a deporre al processo, inizialmente ben 174. Se la lista del pubblico ministero Pipeschi, con 27 nomi, tra i quali Carlo Bramezza e l’imputato Jannacopulos, che peraltro si è reso disponibile a essere ascoltato dal giudice, ha passato il vaglio, alla difesa sono stati concessi 30 nomi in aggiunta a quelli comuni con l’accusa e alla parte civile ne sono stati concessi 10, oltre ai nomi comuni sempre con l’accusa.
L’avvocato Elisa Pollesel ha chiesto che dalla lista dei testi della difesa venissero considerati inammissibili coloro che sono stati chiamati a «far luce su eventuali rapporti personali tra il dg dell’Ulss Bramezza e il maggiore Alberto Potenza della guardia di finanza, in particolare un’infermiera ex compagna di Potenza e un ristoratore. O l’ingegner Jannacopulos dice chiaramente al tribunale e alla procura che il maggiore Potenza ha commesso dei reati durante le indagini preliminari, con tutte le conseguenze del caso – ha attaccato la legale –, o si tratta di insinuazioni con uno scopo: avvertire Potenza di quello che potrà accadere. Ma gli eventuali rapporti personali tra i due non sono pertinenti all’accertamento del fatto e questa è la riprova del metodo dell’imputato, ovvero insinuare fatti e circostanze e mandare avvertimenti».
In merito, il giudice si è riservata di decidere in un momento successivo, durante l’istruttoria.