Affinati inserisce Udine fra 300 città del mondo: «Fa parte della mia storia»
foto da Quotidiani locali
Quando Martina Delpiccolo, direttrice della Notte dei Lettori, gli ha chiesto: “Vuoi venire a Udine a raccontare il tema di quest’anno, so che ti appartiene”, ha risposto: “Volentieri”. Stiamo parlando di “Viaggi, erranze, partenze, ritorni”, brillante e movimentato contenuto con cui si è inaugurata l’undicesima edizione della Notte dei lettori, e di Eraldo Affinati, prestigioso ospite di venerdì sera, atteso sotto la Loggia del Lionello (alle 19.30), in dialogo proprio con Martina Delpiccolo. È lui il noto e premiato narratore in cammino.
Ma la risposta data, al tempo, era più ampia e sorprendente: “Sto scrivendo un libro che dipinge trecento città, e tra queste c’è Udine, e pure Tricesimo. ” Così, ne Le città del mondo, (304 pagine, 19 euro, Feltrinelli 2024), il libro-mosaico fresco di stampa, tra New York e Gerusalemme, passando per la polvere di Babilonia e le galline senza cresta di Acchiappa-citrulli, troviamo proprio lei: Udine, la città dei lettori, dei librai, delle parole in festa, dei cortili operosi, e pure il paese, educato, poco più in là, sotto le nitide creste rosa Tiepolo: Tricesimo.
Ci fa piacere; ma perché proprio la piccola Udine tra le sue trecento scelte del mondo?
«È nella prima sezione, quella delle “città conosciute”, perché appartiene alla storia della mia famiglia. Alla stazione ferroviaria di Udine, il 2 agosto del 1944, mia madre, Maddalena Cavina, riuscì a fuggire dal treno della deportazione. Suo padre era stato fucilato dieci giorni prima dai nazisti, ma lei forse non lo sapeva. Aveva diciassette anni, un dente rotto dalle SS durante gli interrogatori. Fu posta sul treno diretto verso il lager; il treno a Udine fece una sosta. E fu con un’azione provvidenziale che lei si salvò. Vide una persona che avrebbe potuto farla fuggire, i due si intesero a gesti, e allora lei con la scusa di prendere un po’d’acqua scese dal convoglio. Poi, complice una piccola folla che si era formata davanti, scappò in mezzo alla gente. Appena fuori, l’uomo appena intravisto la portò in via Grazzano dove si nascondevano altri partigiani».
Davanti alla stazione c’è infatti una targa che ricorda l’azione di donne coraggiose, anche giovanissime come tua madre, durante la guerra. Raccoglievano i bigliettini fatti scivolare dai deportati in transito, e poi si occupavano di farli recapitare. Sua madre per fortuna da quel treno è scesa. Tornando alla presenza di Tricesimo nel libro, dove l’ha collocato?
«È sempre nella sezione “città conosciute”. Ci visse Pierluigi Cappello, poeta scomparso nel 2017. Nonostante la sua immobilità, non perse mai il sorriso, riuscendo anzi a ricavare alimento espressivo della sua fragilità. Lui era sempre pronto ad accogliermi al piano terra del prefabbricato che l’Austria donò all’Italia dopo il terremoto del 1976. Presto diventammo amici. A unirci erano Giuseppe Ungaretti, la cui trincea, sull’altura del San Michele, visitai negli stessi giorni in cui conobbi Pierluigi; la febbre vitale dei confini dove temprandosi si misurano le storie degli uomini, e non a caso la sua radice profonda si trovava a Chiusaforte, quasi al confine con la Slovenia. Condividevamo lo stesso punto di vista sulla scrittura di Ernest Hemingway».
Insieme a sua moglie, Anna Luce Lenzi, nel 2008 avete fondato la Scuola Penny Wirton, nata per l’insegnamento gratuito della lingua italiana ai migranti. C’è anche a Udine?
«Sì, è in via Scrosoppi presso le suore della Provvidenza. Sono più di sessanta le scuole in tutta Italia, e soprattutto crescono sempre di più».