Peroni, la conferma: «E pensare che molti non pensavano valessi la serie A2»
VIGEVANO. Michele Peroni, prima conferma della Elachem Vigevano per il secondo anno di A2, è l’MVP eletto dai tifosi ducali, il ragazzo d’oro chi coach Pansa darebbe in sposa la figlia, il giocatore di cuore e sostanza grande rivelazione dell’ultima stagione.
Sincero e diretto come in campo, ecco le sue impressioni tra passato e futuro.
Michele, ti aspettavi una tua prima stagione di A2 così?
«Sinceramente e senza spocchia, ero sicuro che avrei fatto bene. Avevo troppa voglia di giocare in A2, me l’avevano sempre negata».
A proposito di spocchia, si narra che chi ha giocato in A2 spesso ne dimostra parecchia nei confronti di chi viene dalla serie B: è vero?
«È capitato e capita, dipende dalle persone. Sono convinto che chi è spocchioso in A2, in B spesso farebbe fatica ad emergere e risalire».
E l’A2 l’hai fatta con Marino Spaccasassi che per te è…
«Marino è un cocciuto positivo che difende fino in fondo le sue idee e lo stimo molto anche per questo. Per me è un secondo padre, mi fido di lui, ci starei malissimo se mai un giorno dovesse tradirmi».
Quali sono le principali differenze che hai trovato tra A2 e B?
«Il salto di fisicità è enorme. Paradossalmente, poi, l’A2 è molto più semplice. Ognuno ha compiti ben definiti e deve fare quelli. In B molto spesso devi fare e saper fare più cose e più ruoli».
Se tu dovessi rinforzare la squadra oggi, cosa cercheresti?
«Prima di tutto, chili e centimetri sotto canestro. Tyler (Wideman, ndr) è stato immenso quest’anno, pur senza essere un “cinque”, ma con quelli grossi e più alti ha fatto ed abbiamo fatto enorme fatica».
Hai marcato spesso e bene tanti big americani, quale ti ha colpito?
«Jazz Johnson di Rieti, immarcabile, imprendibile, uno da categoria superiore. Durante una pausa della partita gli ho chiesto perché non giocava in A. Mi ha risposto che in A2 a Rieti lo pagavano molto di più e, infatti, mi pare che abbia rinnovato con un biennale».
Dal PalaBasletta al palaElachem, da coach Piazza a coach Pansa, è stato un anno di altri grandi cambiamenti. Ce li racconti?
«Avevano molto timore del passaggio dalla Carducci al PalaElachem e, nelle prime partite, in effetti, curva a parte, sembrava di giocare a teatro. Brutto. Poi si sono attivati i tifosi di tutti gli altri settori in un crescendo che è stato memorabile. Se penso a gara3 con Forlì mi vengono i brividi».
E ti aspettavi oltre duemila persone di media a partita in casa?
«Ci speravo. Vigevano è unica, me l’hanno sempre detto quelli che ci avevano giocato, ma anche giocatori di serie A, stare e giocare qui è bellissimo. In Italia qualcosa di simile forse esiste solo a Rimini, lo abbiamo visto andando là a marzo. L’effetto “Flaminio” è davvero forte con tutti che cantano e fanno coreografie. Con centoventimila abitanti, di fatto è una Vigevano moltiplicato due in tutto».
Ci resta di parlare del passaggio da coach Piazza a coach Pansa…
«Paolo Piazza è il leader assoluto, il sistema… è lui. Ti maltratta, mi ricordo la settimana che mi fece passare dopo la sconfitta patita a Gallarate ed i 28 punti presi da Passerini… quante me ne disse. Ma poi ti dimostra la sua stima facendoti giocare ed è quello che, ad un passo da fine della stagione, fa un discorso inatteso che commuove».
E coach Pansa?
«Molto bravo, è uno che sa ascoltare, va incontro ai giocatori, quasi utopico. All’inizio non c’erano schemi per i tiratori, ma solo per gli “handler” e mi sono adeguato. Poi gliel’ho fatto notare e lui li ha inseriti, quasi scusandosi. Quando è stato necessario, tuttavia, ha preso le sue decisioni ed ha tirato dritto e bene fino in fondo».
Hai giocato in diverse piazze, in quali torneresti per una vacanza o a vivere?
«Il mare della Puglia nella zona di Nardò è imperdibile. La riviera tra Senigaglia e Ancona, di fatto una Romagna Sud».
Dove ti vedi in futuro?
«Direi a Vigevano, magari con una palestra tutta mia. Ma ora non riesco a immaginarmi senza basket».Fabio Babetto