Joao Fonseca e l’avvicinamento ai grandi: il suo percorso riparte da Halle
Per ora c’è soltanto una cosa oggettiva che accomuna Joao Fonseca e Carlos Alcaraz: il fatto che entrambi abbiano vinto la loro prima partita nel circuito ATP a 17 anni nel torneo di Rio de Janeiro (che si trova a 10 minuti di distanza da casa di Joao). Poi c’è un altro elemento, più soggettivo e aleatorio, che solo il tempo potrà confermare o smentire: quella sensazione che Fonseca diventerà forte, molto forte. Un’idea che quasi tutti si erano fatti vedendo le prime partite “serie” di Alcaraz. Il brasiliano è al momento alla posizione numero 217 del ranking mondiale e di strada davanti ne ha ancora parecchia. Dalla sua, però, oltre al talento sembra già esserci una maturità di pensiero indispensabile per non cadere nella trappola della fretta e della spavalderia.
Del resto, il modello da seguire è lì in bella vista, sul trono del tennis mondiale: da lassù la “cultura Sinner”, ovvero la cultura del lavoro, della programmazione, delle scelte a volte anche impopolari, non può che iniziare a diffondersi tra i team che hanno a che fare con giocatori così promettenti. E così Fonseca, dopo due quarti di finale ATP sulla terra e la prima vittoria in un 1000 a Madrid, ha deciso di saltare il Roland Garros per dedicare più tempo alla stagione sull’erba. Una scelta che rifiuta di accodarsi all’atteggiamento diffuso (oggi evidentemente meno) nei confronti di una superficie spesso considerata come un polveroso segno del passato (se non come un fastidio a tutti gli effetti) e che è senza precedenti per giocatori di quell’età, oltretutto dimostratisi già competitivi sulla terra.
Di solito chi preferisce il verde al rosso lo fa per necessità – alla ricerca di un tennis più veloce che richieda meno resistenza – o per convenienza – nella consapevolezza che il proprio gioco si adatti molto meglio all’erba che alla terra. Per Fonseca niente di tutto questo, ovviamente. Lasciamo alle sue parole la spiegazione: “Penso che sia molto importante per me, per il mio gioco, giocare questa stagione sull’erba – ha dichiarato al sito ufficiale dell’ATP – Mi aiuta ad essere più aggressivo e ad andare a rete. Devi dare più importanza al tuo servizio, perché è la tua arma migliore su un campo in erba. Queste piccole cose sono molto importanti per il mio processo”. Anche in queste dichiarazioni l’influenza di Sinner e di Alcaraz risuona in maniera chiara. Sia Jannik che Carlos, infatti, non hanno mai snobbato l’erba vedendovi una palestra per migliorare alcuni aspetti del proprio gioco e venendo poi ripagati dai risultati.
Frenando gli entusiasmi della Federazione brasiliana che aveva spinto perché il Roland Garros desse a Fonseca una wild card per le qualificazioni, Joao e il suo team hanno deciso che Parigi può aspettare. Le occasioni in futuro non mancheranno e, in questa fase della crescita del brasiliano, è più importante portarlo fuori dalla comfort zone. A dispetto dei 17 anni (18 ad agosto), Joao sembra aver assimilato facilmente questo approccio: “Direi che il tennis è fatto di step, quindi è importante giocare i tornei Challenger per fare un po’ di esperienza in più. Ovviamente volevo arrivare il più velocemente possibile nel circuito ATP, ma bisogna fare un passo alla volta. Dopo Rio e Bucarest ho fatto un grande salto. Tutto è stato molto più veloce di quanto potessi immaginare. Ora, un passo dopo l’altro, voglio affermarmi a livello ATP”.
Il brasiliano ha ricevuto una wild card per Halle dove esordirà contro Duckworth. Nelle scorse due settimane, nei Challenger di Surbiton e Nottingham, ha raccolto le sue prime due vittorie sull’erba tra i grandi, dopo aver giocato su questa superficie anche a livello junior (raggiungendo i quarti nel Wimbledon riservato agli under 18). Lui steso ha ammesso che è “molto diverso giocare sull’erba con i professionisti rispetto agli juniores”. Fin qui, però, Joao è riuscito a confermare quanto mostrato a livello giovanile: “Credo che tutto sia iniziato dopo lo US Open, dove ho vinto il titolo junior. Mi ha dato più fiducia per iniziare bene quest’anno e per l’approccio al tour ATP, finendo la mia carriera da junior da numero 1. Ho iniziato a giocare più Challenger ed è stato diverso per me. Giocavo semplicemente a tennis, perché non avevo la maturità necessaria per affrontare giocatori esperti che avevano già disputato molti Challenger. Sono molto contento del modo in cui sono cresciuto, non solo nella tecnica e nel fisico, ma anche nella maturità. Penso di aver fatto molto bene in questi due mesi e spero di fare ancora molti progressi nel corso di quest’anno“.
Il 2024 di Fonseca è partito dal numero 727. Ora è già a ridosso della top 200 e l’obiettivo top 100 entro fine anno non è affatto irrealistico. Non è però la priorità, come dimostrato dalle scelte di programmazione. La priorità è il processo.