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Июнь
2024

Messico: una famiglia rossa per la «presidenta»

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Progressista, appena eletta prima donna a capo del Paese centroamericano, in campagna elettorale Claudia Sheinbaum ha tenuto nascosta la storia di nonno e prozio. Rivoluzionari per il partito comunista sovietico, per quello cubano e quello locale. Radici decisamente forti.

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I fratelli Sheinbaum, dicevamo, erano trotzkisti doc, ebrei aschenaziti sopravvissuti alla prigionia e a numerose deportazioni non solo dall’ex Unione sovietica ma anche da Cuba e dallo stesso Messico, i due divennero cinghia di trasmissione con l’Urss. Intrattennero contatti con le grandi personalità del Comintern, l’organizzazione internazionale comunista sia stalinista che post-stalinista, fino a quando, alla vigilia del patto Molotov-Ribbentrop del 1939, furono perseguitati dal nuovo corso di Mosca. La loro storia, tenuta nascosta durante la campagna elettorale della Sheinbaum, emerge adesso e potrebbe fornire utili indizi per interpretare il corso della politica messicana sotto la guida della neo eletta. Nati in Lituania durante l’impero russo, Juan, il primogenito detto anche «Chone», e Solomon Sheinbaum avevano la stessa madre ma padri diversi, visto che quello di Juan morì mesi prima della sua nascita e la madre si risposò. Nel 1913, alla ricerca di opportunità inesistenti sotto lo zarismo, tutta la famiglia salpò alla volta degli Stati Uniti per poi tornare in Europa l’anno successivo. Nel 1914 un altro trasferimento in Polonia fino al 1920, quando il gruppo rientrò in Lituania. Forse anche per questo, tra i mantra di Claudia Sheinbaum c’è quello di essere una «cittadina del mondo».

Quanto a Juan e Solomon, vissero in prima persona i cambiamenti politici scatenati dalla rivoluzione russa del 1917, e la loro identità ebraica ebbe un ruolo determinante. La Lituania era infatti un centro nevralgico dell’attivismo politico ebraico nell’impero russo. Non a caso, l’Unione generale dei lavoratori ebrei di Lituania, Polonia e Russia, altrimenti chiamata «Der Bund», fu fondata a Vilnius nel 1897. Il nonno di Claudia aderì al partito comunista lituano ma, dopo la guerra tra le forze governative della Lituania da una parte e i bolscevichi della Repubblica socialista sovietica russa dall’altra, seguita alla resa tedesca nella Prima guerra mondiale, il partito fu messo fuori legge. Nel 1920 Juan fu imprigionato per tre anni, il primo di una lunga serie di arresti, poi attraversò l’Atlantico ed emigrò a Cuba insieme al fratello, portandosi dietro il fervore politico. I due divennero membri nel 1925 del Pcc, il neonato partito comunista cubano affiliato al Comintern. Lavorarono anche nella Confederazione nazionale dei lavoratori di Cuba (Cnoc) e nella sezione ebraica del Pcc, costretto alla clandestinità solo quindici giorni dopo la sua fondazione dalla dittatura del generale Gerardo Machado.

Fu allora che Juan si registrò con il falso nome di Arturo Ramírez, mentre Solomon «diventò» García Blanco ma questo stratagemma non li salvó dall’arresto nel 1928, quando vennero incarcerati come «stranieri indesiderabili», e deportati via nave proprio a Veracruz, in Messico. Raggiunta la capitale si unirono subito al Pcm, il partito comunista messicano, lavorando insieme al fondatore in esilio del Pcc, Julio Antonio Mella, nell’Associazione dei nuovi emigrati rivoluzionari da Cuba e nella sezione messicana Soccorso rosso internazionale. Entrambi i fratelli aderirono al Comitato centrale della filiale di Città del Messico del Pcm, dove Solomon divenne capo delle sezioni finanza, agitprop e redattore del giornale di partito El Soviet. Entrambi conobbero figure storiche dell’epoca, come il rivoluzionario nicaraguense Augusto Sandino e il leader comunista salvadoregno Farabundo Martí, anche loro in quel periodo a Città del Messico. Nel 1930, a causa della repressione contro il partito comunista messicano che portò alla rottura delle relazioni diplomatiche con l’Unione sovietica, furono arrestati i leader del Pcm sotto la presidenza del generale Pascual Ortíz Rubio, che deportò anche l’italiana Tina Modotti.

Juan e Solomon furono incarcerati il 9 dicembre 1930 ma, a differenza del fratello, il nonno di Claudia Sheinbaum si finse messicano ed evitò così la deportazione in Urss. E divenne una figura di spicco del partito. Entrò nel Comitato centrale del Paese nel 1933 e ne divenne poi segretario, oltre che membro del Politbjuro al VII Congresso del partito, del 1939. Ma fu espulso l’anno successivo, quando Stalin all’apice delle sue purghe fece uccidere Trotsky, suo acerrimo nemico che si era rifugiato proprio a Città del Messico. L’accusa contro il nonno della presidente del Messico fu quella di dirigere al suo interno «il gruppo nemico», ovvero la fazione del partito che per Mosca lavorava seguendo le direttive dei trotskisti, sabotando la politica di «unità a tutti i costi» imposta da Stalin, all’epoca alleato di ferro di Adolf Hitler.

Arrestato nel 1957 e interrogato sulle sue attività e su quelle di suo figlio Carlos Sheinbaum Yoselevitz, segretario dell’organizzazione della Gioventù comunista del Messico dal 1952 e padre della neo presidente Claudia, Juan fu esiliato a Tuxtla Gutiérrez, capitale dello Stato messicano del Chiapas, con l’intenzione di farlo «desaparecer», scomparire, nel vicino Guatemala, dove comandava una dittatura sanguinaria. Il nonno di Claudia riuscì miracolosamente a fuggire e ritornò a Tuxtla Gutiérrez dove fu nuovamente arrestato ma, in quell’occasione, riuscì ad avvisare la moglie e un avvocato gli evitò il peggio. Alla fine fu rilasciato e tornò a Guadalajara, dove iniziò la sua attività di commerciante di gioielli.

Fu solo Nikita Krushev con la destalinizzazione a reintegrarlo nelle file del partito comunista messicano nel 1960. Ma il fratello minore Solomon era ormai morto, vittima delle purghe staliniane dopo essere stato utile all’Unione sovietica: traduttore del Segretariato per il Sud America e l’America centrale, nel 1936 fu prima espulso dal partito e poi esiliato in Siberia per un certo periodo. Partecipò dopo il 1941 alla Grande guerra patriottica di Stalin contro Hitler (la ricordiamo anche nell’articolo a pagina 76), e fu poi reintegrato nel partito comunista sovietico nel maggio del 1945, solo pochi mesi prima della sua morte. Meno anomala ma altrettanto tragica la vita dei nonni materni di Claudia Sheinbaum, ebrei sefarditi che lasciarono la Bulgaria nel 1940 sfuggendo per poco dall’Olocausto nazista. «Sono molto orgogliosa della mia origine, dei miei nonni paterni e dei miei nonni materni», ha dichiarato Claudia al sito Enlace Judío («legame ebraico») nel 2018. Ora non resta che attendere il suo insediamento a inizio ottobre per vedere dove le sue idee e la sua storia di vita porteranno il Messico nei prossimi sei anni.




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