Biancoshock con Marcella Milani in una performance in Borgo Ticino
PAVIA. «I quadri sono stati prelevati e sono in mostra. Ci scusiamo per il disagio». Un cartello – sulla parete dall’intonaco che nessuno rinfresca da almeno vent’anni – avverte i visitatori. Rari, in realtà. Nella casa abbandonata sulle colline tra Tortona e Novi Ligure, inghiottita da una folta vegetazione, che il pittore Aldo Coscia ha abitato fino al 2009 (anno della sua morte), oggi entrano solo gli esploratori di Urbex, un movimento che visita posti dimenticati scattando foto senza toccare.
In questo caso, Biancoshock, artista concettuale misterioso, noto per le sue installazioni provocatorie, e Marcella Milani, fotografa militante di Urbex, hanno fatto un piccolo strappo alla regola. Dalla casa nel bosco hanno prelevato (solo in prestito) le opere lasciate da Aldo Coscia per esporle, da sabato 22 giugno, allo Studio d’arte 99, in via dei Mille 99 a Pavia (inaugurazione alle 17). Il poeta della Frascheta è il titolo del loro progetto. O meglio della prima parte di un progetto che si concluderà in autunno dal titolo La casa del pittore.
Biancoshok e Marcella Milani si sono conosciuti qualche anno fa a Pavia quando l’artista, che vive a Milano, aveva scelto una botola all’interno dell’ex Arsenale per realizzare una sua mostra.
Nell’autunno del 2023 si sono ritrovati alla Frascheta, nel Novese, dove Aldo Coscia (1933-2009) ha vissuto la sua seconda vita da artista solitario, dopo che nella prima aveva lavorato all’Ilva.
«La sua casa è nascosta dalla vegetazione – raccontano i due curatori –. Quando siamo entrati abbiamo capito di essere in un luogo magico. Quasi nessuno ci aveva messo piede da quando il proprietario era morto. Tutto era rimasto come lui l’aveva lasciato. I colori, le tele, anche i piatti in cucina». Sembrava che Coscia si fosse chiuso la porta alle spalle da qualche giorno. Invece erano passati 14 anni.
La paura dell’oblio
«Il progetto, oltre a dare visibilità a un artista che magari sarebbe stato dimenticato e rendere un tributo alla sua passione – racconta Biancoshock – ha tante sfaccettature: parla di memoria da custodire, di intimità di una casa abbandonata e della paura che molti artisti covano di non sapere cosa accadrà alle loro opere quando non ci saranno più». Il rischio a cui sembrava essere destinato Aldo Coscia, morto senza lasciare eredi.
Di lui, oggi, i curatori della mostra racconteranno le scarse notizie biografiche che hanno potuto raccogliere in questi mesi. Ed esporranno i suoi lavori che poi torneranno “a casa” , nell’esatta posizione in cui li hanno trovati, e che Marcella Milani ha documentato con le sue fotografie. «Abbiamo anche ricostruito in mostra con precisione una delle tre pareti del suo studio» spiegano. Paesaggi naturali, fiori, oggetti che il pittore dipingeva su tela ma anche su supporti recuperati nel bosco, pietre, ante rotte, vecchi cassetti. Sul tavolo di legno graffiato dallo scalpello, con pennelli e barattoli di vernice ancora aperti, Coscia aveva appeso alcuni “ritratti” della sua casa, il rifugio immerso nel verde dal quale, dicono i curatori, sembra non essersene mai andato. —
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