Il leader serbo-bosniaco Dodik accusato di corruzione dagli Usa
BELGRADO Lui si presenta come l’unico vero e fiero difensore degli interessi del suo popolo, anche in contrapposizione a quelli degli altri gruppi etnici della Bosnia-Erzegovina. A ogni piè sospinto evoca persino l’arma finale, quella della secessione, ma “pacifica”, tiene a sottolineare.
E coltiva strette relazioni non solo con il presidente serbo Vucic e il premier magiaro Orban, alleati diretti, ma anche e soprattutto con il suo “padrino”, il leader russo Vladimir Putin, cui ha fatto visita più volte anche dopo l’aggressione all’Ucraina. Dietro il paravento della politica e del nazionalismo però ci sarebbe ben altro, almeno secondo Washington.
Questa l’accusa: l’ideologia per mascherare un sistema di malaffare e profonda corruzione, con obiettivo l’arricchimento personale e del clan familiare, non certo la difesa della propria gente. È il ritratto, sciagurato, del presidente serbo-bosniaco Milorad Dodik, considerato da buona parte dell’Occidente come una delle minacce più pericolose alla stabilità e unitarietà della Bosnia.
Dodik è finito nuovamente nel mirino degli Usa, che avevano già imposto dure misure punitive nei suoi confronti in passato, assieme alla Gran Bretagna. Usa che, per bocca del Dipartimento di Stato, hanno accentuato i provvedimenti punitivi: da una parte, ancora una volta condannando «gli sforzi continui di Dodik di erodere la pace» nei Balcani. Dall’altra, prendendo decisioni concrete, che colpiscono appunto con sanzioni economiche e congelamento dei conti negli Usa «due persone e sette entità che fungono da sorgente di denaro per la rete di Dodik e ne facilitano» il sistema corruttivo. In pratica, il Dipartimento di Stato ha accusato il leader serbo-bosniaco di aver usato sette imprese, collegate a lui e al figlio Igor, per accumulare ricchezze in maniera poco trasparente. Igor Dodik, anche lui già sotto sanzioni assieme alla sorella Gorica, avrebbe controllato direttamente le imprese in questione, gestite da collaboratori che a lui rispondevano.
Come funziona il sistema Dodik? Secondo Washington, un esempio calzante è quello registrato quest’anno, quando «Igor e Milorad» avrebbero «esercitato il loro controllo su alti funzionari» del governo centrale a Sarajevo «per manipolare la bozza del bilancio statale, in modo che un contratto fosse affidato a una impresa della rete di Dodik, senza una vera gara» d’appalto. Sistema marcio che gira, ha stigmatizzato Washington, mentre Dodik recita lo spregiudicato ruolo di «attore destabilizzante nella regione», minacciando la «dissociazione» della sua Rs dal resto della Bosnia-Erzegovina, reale «minaccia agli accordi di Pace di Dayton e alla stabilità» degli interi Balcani, ha stigmatizzato Washington. E proprio per questo, oltre alle sanzioni, gli Stati Uniti «useranno tutti gli strumenti a disposizione contro chi favorisce la corruzione di Dodik e gli consente di sfruttare la gente della Republika Srpska (Rs) a proprio vantaggio».
Attacco a gamba tesa contro Dodik che non è rimasto senza risposta. «Sono tutte bugie», ha replicato il diretto interessato, sostenendo poi «che gli americani non hanno alcuna prova». Dodik ha poi irriso gli Usa, che si sarebbero accaniti in realtà contro «700 persone» che lavorano per le sette aziende sotto sanzioni. —
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