Omicidio di Fener, processo nel vivo. La difesa: «Seguita solo una pista»

È solo Pedro Livert Dominguez Sanchez il possibile omicida di Antonio Costa o si potevano seguire altre piste investigative?

A chiederselo sono Marcello Stellin e Paolo Serrangeli avvocati difensori dell’imputato che il 26 giugno hanno sollevato alcuni dubbi in merito interrogando i testimoni.

È entrato nel vivo, infatti, il processo a carico dei domenicani Pedro Livert Dominguez Sanchez e Sanchez Junior Cedano (difeso da Monica Azzalini e Giorgio Gasperin) accusati dell’omicidio di Antonio Costa avvenuto il 6 maggio 2023 a Fener, frazione di Setteville.

Sono stati ascoltati i carabinieri in qualità di agenti di polizia giudiziaria che hanno svolto le indagini.

Tutti hanno riferito ai giudici togati (Antonella Coniglio presidente e Federico Montalto a latere) e popolari che costituiscono la Corte d’assise il lavoro svolto nella immediatezza del fatto e nelle settimane successive.

Un’attività seguita passo passo dal pm Alberto Primavera titolare del fascicolo.

Dalle 9,30 del mattino fino alle 16 sono sfilati in tribunale otto degli oltre 40 testi previsti in questo dibattimento.

Black out videosorveglianza

Tre gli elementi che sono stati al centro delle domande da parte della difesa di Dominguez.

Da un lato il black out delle videocamere di sorveglianza posizionate dal Comune a pochi metri dal luogo dell’omicidio e che proprio nei minuti in cui si sarebbe consumato il reato non hanno registrato nulla.

Si tratta, come hanno evidenziato gli agenti di polizia giudiziaria, di un lasso di tempo che va dalle 23h 28’ 55” alle 23h 35’ 51”, cinque minuti di buio totale in cui non si sa cosa sia successo e chi abbia fatto cosa.

E non si sa nemmeno cosa sia accaduto all’interno del locale visto che le telecamere erano da tempo non funzionanti come è stato appurato dagli investigatori.

Le tracce ematiche

Il secondo punto contestato dagli avvocati Stellin e Serrangeli è relativo alle tracce ematiche rinvenute sul luogo dell’omicidio e che sono state repertate ma che non sono state utilizzate per redigere una mappa in grado di evidenziare come si è mossa la vittima ed eventualmente anche chi l’ha colpita a morte in base alla loro direzione gravitazionale.

Inoltre sul posto erano presenti anche altri elementi insanguinati che ad oggi non si sa a chi appartenessero.

Seguita solo una pista

Un altro punto che lascia perplessa la difesa di Domimguez Sanchez è il fatto che fin dalle prime indagini gli investigatori si sono concentrati solo su una pista «peraltro indiziaria», ribadiscono Serrangeli e Stellin, quella che portava al loro assistito senza considerare altre eventuali ipotesi e indiziati.

I legali hanno puntato l’attenzione anche su quale protocollo investigativo sia stato seguito dagli investigatori.

Un agente di polizia giudiziaria ha testimoniato, inoltre, che tra le intercettazioni ambientali eseguite durante un colloquio in carcere tra l’accusato e i suoi familiari emergerebbero degli elementi rilevanti ai fini del processo.

Intercettazioni che, però, il pm nei tempi previsti per l’acquisizione delle prove non ha ritenuto di ammettere.

Un altro elemento importante, invece, per i difensori di Cedano Junior che insinuerebbe il dubbio sulla complicità del loro assistito sono le celle telefoniche agganciate in quella serata dai telefonini degli imputati e che evidenziano un paio di chiamate da parte del figlio di Sanchez Junior Cedano a suo padre.

Chiamate che però non dicono nulla su chi abbia fatto materialmente le chiamate ma solo che utenze abbiano interessato.

Nessun traffico telefonico invece è stato rilevato per Dominguez Sanchez

A chiudere la sfilata dei testimoni è stato il colonnello Christian Costantini comandante all’epoca dei fatti del reparto operativo dei carabinieri di Belluno il quale ha ricordato come è stato Dominguez Sanchez a voler parlare con lui e a portarlo sul luogo dove è stato rinvenuto il coltello.

«Dominguez Sanchez era stato tenuto alla stazione di Feltre in ragione degli indizi che facevano ritenere che la dinamica dell’omicidio avesse come principale sospettato proprio lui», ha concluso Costantini.

Tra gli indizi anche la ferita sul palmo della mano compatibile con un’arma da taglio. Si torna in aula il 3 e il 10 luglio.